Intervistiamo Antonio Presti, imprenditore, artista e mecenate animatore di progetti d'arte collettiva come la Fiumara d'arte di Messina e la Porta della bellezza di Librino (Catania, in foto)
Alessandro Masi dalle pagine di Avvenire (che si possono rileggere QUI) lancia un allarme sui ritardi di un’Italia con alti livelli di analfabetismo funzionale e livelli di istruzione inferiori alle medie europee. Normalizzando questa situazione abbiamo rinunciato a conoscere e interpretare la realtà e l’altro?
Ho sempre avuto la percezione di questa emergenza ma negli ultimi due anni, attraversando la pandemia da Coronavirus, la situazione è decisamente peggiorata: la nostra società ha deciso di promuovere l’ignoranza, dalle scuole elementari fino all’università abbiamo dismesso l’idea di conoscenza meritocratica e si è promossa l’ignoranza in nome dell’emergenza. Partiamo dai dati su cui avvertiva De Mauro ormai tanti anni fa sull'analfabetismo funzionale e aggiungiamo due anni di cortocircuito nella consegna della conoscenza. Per me la conoscenza partiva da un’istanza di democrazia, da un valore democratico del sapere, ma mi accorgo, assistendo ogni giorno a un degrado morale della nostra società, che l’emergenza è un’altra: quella spirituale, quella dell’anima. Questo ci lascia il Covid: luoghi della conoscenza destrutturati e una dittatura globale dell’ignoranza, che vuole gli schiavi felici. Di quale futuro parliamo, di quali democrazie, di quale generazione di pensiero critico?
I giovani vivono in stato di totale anestesia e ipnosi, anche grazie ai social network in cui il tempo di attenzione critica è ridotto a tre righe, che nemmeno comprendono, o a tre secondi per le foto e i video, e in questo stato non c’è nessuna possibilità di rianimare quell’anima mundi che fa di quell’umanità la differenza. Non c’è umanità se non c’è cuore, ed è questo che dobbiamo fare come educatori.
Le due agenzie educative fondanti che sono la scuola e la famiglia sono entrambe destrutturate dalla loro funzione. Guardiamo al fenomeno delle baby gang: il problema non sono i ragazzi ma i genitori che sono assenti; il problema è la società civile che abbandona l’educazione civica, il bene comune, il sentire, l’ascolto. Tutto questo si paga e sta prendendo forma il nulla che si nutre di niente: bambini che a 11 anni creano risse senza motivo.
Quale ruolo per l’arte?
Se oggi dobbiamo decidere cosa fare, come artisti, dobbiamo tornare ad alfabetizzare come conoscenza ma anche alfabetizzare in nome dell’anima e contrastare l’analfabetismo del cuore, del sentire, dell’ascolto, del ringraziamento.
L’arte deve ritornare in mezzo alla gente, la cultura deve parlare al cuore delle persone, è questo il valore di quella contemporaneità che oggi vuole una visione del futuro. Tutto questo analfabetismo porta alla cecità: per restituire la vista a un uomo che si è dato per valore la mediocrità bisogna tornare alla visione del cuore, all’invisibile. Bisogna rispondere a una malattia sociale globale come si fa con una pianta malata, scegliendo di curarla o innestarla. Ecco, credo sia il momento di innestare un’altra visione; quando si innesta con il cuore, la visione è quella dell’invisibile.
L’arte e la cultura dovrebbero cambiare registro rispetto a questa emergenza contemporanea, non essere autoreferenziali, sia una mostra, un vernissage, un’esposizione, ma tornare nelle scuole ed educare i ragazzi con una maieutica universale. Oggi la scuola non può consegnare conoscenza con le parole se i giovani neanche ne conoscono il senso. Bisogna applicare processi maieutici, innestare in questi ragazzi l’emozione, perché ora neanche ti ascoltano.
Quale modello possiamo trarre dall’esperienza di opere come la Fiumara d’arte o la Porta della bellezza di Librino?
Sono quarant’anni che mi impegno per l’arte e la cultura: inizialmente pensavo che l’opera d’arte fosse il cosiddetto manufatto, la scultura, la pittura. Oggi capisco che quell’opera è soltanto uno strumento per poter applicare un processo educativo, emozionale, che proprio in quella condivisione con la gente, con le comunità, trova il senso. Oggi l’unica opera che l’arte e la cultura devono restituire al proprio tempo non è una forma inerte autoreferenziale nel proprio segno ma quel processo che restituisce il cuore, le emozioni.
La Porta della bellezza di Librino è rispettata da 15 anni da tutti gli abitanti, nessuno escluso. La gente ha risposto maieuticamente, l’opera è stata protetta ed educa alla bellezza. Stiamo completando ora il bassorilievo di oltre un chilometro e mezzo e alla fine della Porta della bellezza passeremo alla Porta delle farfalle. In questo momento di ottundimento la nostra società è come quel bruco che si è dimenticato che basta un attimo e si torna ad essere farfalle.