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Catacombe

Scritto da Beatrice Palazzoni | 9-dic-2021 10.00.00

Le catacombe sono una delle più interessanti testimonianze archeologiche della vita delle comunità paleocristiane. La città che ne ospita più esempi è sicuramente Roma (circa sessanta), ma anche il centro e il sud Italia non ne sono prive, grazie alla particolare duttilità del terreno – più facile da scavare – ma allo stesso tempo tenace, e quindi adatto alla costruzione di queste opere. I ritrovamenti più a nord sono collocati sull’isola di Pianosa (Toscana), mentre fuori dall’Italia ne troviamo degli esempi in Africa settentrionale, e in particolare ad Hadrumetum (oggi Susa) in Tunisia, luogo che conserva anche quasi 300 epigrafi.


Le catacombe sono dei cimiteri cristiani ipogei (ossia sotterranei) realizzati con una complessa struttura di cunicoli, scale, gallerie e incroci, la cui ampiezza era dovuta all’idea di voler accogliere tutta la comunità dei fedeli. Originariamente, venivano chiamate coemeterium (dal greco koimeterion “luogo dove si dorme”) per indicare la sede del riposo in attesa della risurrezione, mentre il nome catacomba (dal gr. katà “giù, sotto” e lat. cumba “cavità”) inizialmente definiva solo il complesso di San Sebastiano (Via Appia, Roma). Questi monumenti sono caratterizzati dalla presenza di loculi, ossia spazi destinati ai defunti, estremamente umili ed egualitari (in linea con il credo cristiano), ma sono stati ritrovati anche degli ambienti più ampi, delle vere e proprie camere sepolcrali, adornate da pitture o mosaici rappresentanti storie di salvezza, riprese dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Grazie a queste forme d’arte, e ad altri simboli (come le sagome degli strumenti di lavoro incise nella pietra), siamo venuti a conoscenza di informazioni sulla vita privata dei defunti; pensiamo ad esempio alla vedova Turtura (catacombe di Commodilla, Roma) la cui fedeltà e devozione alle cure materne vennero fatte rappresentare dal figlio con l’immagine di una tortora. Altri simboli ricorrenti sono il pesce (“il Cristo”), la colomba (“la pace”), l’ancora (“una fede salda”), la fenice (“la risurrezione”).


Per ribadire l’importanza storica delle catacombe per le nostre radici culturali e religiose, possiamo aggiungere che, ad esempio, nelle catacombe di Priscilla a Roma è conservata la più antica rappresentazione pittorica della Madonna (inizio III sec. d.C.) mentre, sempre nel complesso sepolcrale di Commodilla, troviamo sia una delle primissime raffigurazioni di Cristo con la barba (e non più giovane), sia una scala che permetteva ai devoti di raggiungere la cavità sotterranea, a testimonianza del fatto che questi luoghi di sepoltura fossero anche meta di visita e preghiera dei contemporanei. Ne sono la prova le varie iscrizioni dei pellegrini passati nel corso dei secoli (troviamo anche dei caratteri runici, del nord Europa) e una delle primissime attestazioni scritte di lingua volgare (quindi del passaggio dal latino all’italiano): Non dicere ille secrita a bboce “Non dire ad alta voce le (orazioni) segrete” (inizio IX secolo d.C.).


Per promuovere la ricchezza e il valore artistico e spirituale delle catacombe italiane, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha ideato il progetto Catacombe d’Italia, grazie al quale vengono riunite in un unico spazio divulgativo digitale le informazioni di accesso ai vari siti archeologici, la possibilità di partecipare a visite speciali in luoghi normalmente chiusi al pubblico e una serie di documentari sulle principali catacombe, pubblicati durante la trasmissione Bel Tempo Si Spera di Tv2000. Insomma, un mondo della memoria ancora in parte segreto e da riscoprire.


Immagine: Creative Commons (CC BY-SA 3.0)