“Confine”, diceva il cartello.
Cercai la dogana. Non c’era.
Non vidi, dietro il cancello,
ombra di terra straniera.
Giorgio Caproni da Falsa indicazione, 1975
Il confine, nel perimetro dell’esistenza dell’essere umano, appare spesso come un limen invalicabile e nello stesso tempo, ciò che delimita, diventa uno sprone all’atto del superamento di ciò che si pone come un ostacolo. Il confine, la demarcazione, il blocco, la soglia rappresentano realmente uno sbarramento tra quello che siamo e che conosciamo e quello che sta oltre, che ignoriamo, che è estraneo. Straniero, dal latino extraneus "estraneo" da sempre un termine con una connotazione ostile, riferito per la maggior parte a popoli avversi e talvolta aborriti.
Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è il titolo della 60esima Biennale Arte 2024, che si terrà dal 20 aprile al 24 novembre nella città lagunare. Quasi a moltiplicare, ampliare il titolo all’infinito per accentuarne il senso avverso, accanto alla parola “Stranieri” viene accostato l’avverbio “Ovunque”. È l’ardimentosa scelta del curatore Adriano Pedrosa, direttore Artistico del MASP, il Museu de Arte de São Paulo As Chateaub, che decide di rendere con l’aggiunta di “Ovunque” ancora più esecrato lo straniero, che in ogni dove, è estraneo comunque. «L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Pedrosa - ha più̀ di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri». Nella scelta della parola "ovunque" inevitabilmente non è contenuta una via di fuga, già il prologo si presenta quasi come un epilogo, perché il termine "straniero" può affondare ancora di più nel versante smisurato della nostra individualità e accedere a ciò che non controlliamo, che non possiamo intimamente verificare e che quindi diventa “estraneo” da noi. Proprio per questo il curatore cita “Das Unheimliche di Sigmund Freud, Il perturbante nell’edizione italiana, che in portoghese è stato tradotto con “o estranho”, lo strano che, nel profondo, è anche familiare”.
Questa indagine, nella curatela della Mostra, si dipana tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale in due nuclei distinti: Nucleo Contemporaneo e Nucleo Storico. Proprio nel Nucleo Contemporaneo troviamo l’artista “straniero”, spiega ancora Pedrosa: “l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk o popular; l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. La produzione di questi quattro soggetti sarà il fulcro di questa edizione”. Per la selezione, in linea di principio, la Biennale Arte 2024 ha privilegiato artisti che non hanno mai partecipato ufficialmente all’Esposizione Internazionale, anche se alcuni di loro hanno già esposto in un Padiglione Nazionale, in un Evento Collaterale o in una passata edizione. Il Nucleo Storico prevede tre sale nel Padiglione Centrale: la sala intitolata Ritratti, la sala dedicata alle Astrazioni e una terza sala dedicata alla diaspora artistica italiana nel mondo lungo il corso del XX secolo.
I numeri sono considerevoli: 90 i paesi in mostra, 332 gli artisti e 30 gli eventi collaterali, in più 4 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Repubblica del Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Nicaragua, Repubblica di Panama e Senegal partecipano per la prima volta con un proprio padiglione. Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è a cura di Luca Cerizza, con il progetto Due qui / To hear dell’artista Massimo Bartolini, che include tributi appositamente ideati da musiciste/i e da scrittrici/scrittori. Una nota di merito va anticipatamente al Padiglione della Santa Sede, promosso dal Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, Cardinale José Tolentino de Mendonça, ideato nella Casa di reclusione femminile di Venezia alla Giudecca dal titolo Con i miei occhi a cura di Chiara Parisi e Bruno Racine. Il Padiglione dedicato ai temi dei diritti umani e dell’inclusione, fondamenti del pontificato di Papa Francesco, avrà come guide le detenute e sarà visitato dal pontefice il 28 aprile. L’incontro tra uomini, di ogni paese, per un baratto culturale, artistico, sociale in un momento in cui i confini sono “altissimi”, questa Biennale “naviga” nella sua laguna controcorrente, per mari avversi che sono consueti nel mondo dell’arte, ma “urgenti” per far incontrare gli uomini.