“Dante non sarebbe Dante se non fosse l’autore della Commedia e se non avesse avuto, nel corso del tempo, la capacità di sollecitare l’immaginario simbolico, talvolta producendo vere e proprie allucinazioni”: così scriveva Luca Serianni in uno dei suoi ultimi contributi volti a valutare l’immensa, a tratti insondabile, influenza che il capolavoro dell’Alighieri ha esercitato e ancora esercita sul nostro modo di comunicare, di percepire la realtà, di dare espressione ai sentimenti e corpo all’immaginazione. Nonostante la loro distanza storica e culturale, le pagine della Divina Commedia rappresentano non soltanto un modello di altissima poesia, di scrittura e di costruzione linguistica, manifestazione di un immenso sapere e di una sublime forza visionaria, ma vera e propria pietra miliare del pensiero occidentale moderno. Ciò che l’Odissea costituirebbe per il mondo antico.
Non è un caso, in particolare, se l’opera di Dante abbia avuto fin dalla sua prima apparizione una relazione particolarmente prolifica e stringente con le arti figurative. Irresistibile per molti pittori e scultori si è rivelato il richiamo del “visibile parlare” dantesco, un linguaggio talmente efficace e puntuale da poter essere definito “sinestetico”; intrigante il complesso allegorismo e le proverbiali vicende dei protagonisti della Commedia, soprattutto di quelli “infernali”, anime dannate vittime della propria condizione umana. Dalle illustrazioni dei primi manoscritti alle suggestioni che maestri italiani come Botticelli, Signorelli, Michelangelo, Tintoretto ne hanno colto, dall’affermazione internazionale in epoca romantica - con Delacroix, Rodin, Füssli, Ingres, Blake e Dorè - di soggetti e fatti tratti dal poema, fino alle inedite interpretazioni offerte da grandi artisti del Novecento quali Picasso, Dalì o Rauschenberg, non è affatto difficile individuare un vero e proprio filone della storia dell’arte costruito attorno alla Commedia, condizione raramente riscontrabile per altre fonti letterarie. Questa penetrazione culturale risulta così solida e radicata da essersi trasformata, in tempi più recenti, in una larga ricezione da parte del mondo della comunicazione e della pubblicità e in una popolarità diffusa, costante se non crescente. “Le masse sono conquistate dai temi danteschi (e dal personaggio Dante) - commenta Enrico Malato -. Straordinaria è la simpatia che egli riscuote, alimentata da una capacità di ‘presa’ sul pubblico tanto più sorprendente, in quanto Dante è uomo del Medioevo”.
Sul filo di queste riflessioni, estese ad analizzare l’attualità della figura e del messaggio del Sommo poeta e del suo ruolo nella società contemporanea, dal 2021 la Società Dante Alighieri porta avanti in collaborazione con Opera - Società di Arte e Cultura e con il patrocinio del Ministero della Cultura il progetto espositivo Canto dopo canto. Cento disegni di Giovanni Tommasi Ferroni ispirati alla Divina Commedia: una mostra, accompagnata da una pubblicazione di pregio, che riunisce cento tavole grafiche realizzate con tecniche tradizionali. Classe 1967, figlio d’arte da tre generazioni, figurativo per vocazione, Tommasi Ferroni è pittore e illustratore di oggi e alla trascrizione integrale del capolavoro dantesco ha dedicato due anni della propria attività. Ciascuno dei cento disegni, proposti in una sequenza continua, si riferisce a uno dei cento canti, ovvero ai passaggi più celebri e significativi del viaggio ultraterreno, componendone una suggestiva traduzione visiva.
Tommasi Ferroni si inserisce nel solco della tradizione tosco-romana che fa del disegno espressione delle capacità razionali dell’Uomo: il mezzo grafico è per lui professione segreta, ingegnosa e affabulatoria, volta ad aprire un rinnovato dialogo con i versi danteschi, a illuminarli di nuova vita, ad amplificarne la risonanza, sempre lontano da fini apertamente illustrativi e da espedienti troppo scontati. Il dinamismo vorticoso della linea e l’intenso chiaroscuro delle sue composizioni si prestano a cogliere l’universo di corpi e di carni straziati che anima i gironi infernali. Il segno agile si muove poi tra i balzi dell’Antipurgatorio e tra le cornici dei purganti per giungere infine ad evocare l’atmosfera immateriale e la dimensione corale del Paradiso, laddove lo stesso Dante afferma di non trovare parole adeguate per riferire le proprie mistiche visioni.
La mostra, già allestita presso il Bohdan and Varvara Khanenko National Museum of Arts di Kiev, in occasione della XXI Settimana della Lingua Italiana nel Mondo (ottobre 2021), e presso il Museo de Bellas Artes Juan B. Castagnino di Rosario, nell’ambito dell’84° Congresso Internazionale della Società Dante Alighieri (giugno 2023), è ora ospitata fino al 9 settembre alla Casa de la Cultura - Edificio La Prensa a Buenos Aires, in collaborazione con alcune delle massime istituzioni culturali della capitale. Un’occasione per rimarcare quel legame intenso e profondo che unisce l’Alighieri all’Argentina, l’unico paese latinoamericano che possa vantare due traduzioni complete e alcune parziali della Divina Commedia, e per ricordare in modo particolare l’ammirazione che per Dante nutrì il più grande scrittore argentino moderno, Jorge Luis Borges, colui che non esitò a definire il suo celebre componimento “culmine della letteratura mondiale”.
All’inaugurazione, lo scorso 25 agosto, hanno partecipato il ministro della Cultura della Ciudad di Buenos Aires, Enrique Avogadro, il Capo Ufficio culturale dell’Ambasciata d’Italia a Buenos Aires, Lorenzo Vermigli, il vicedirettore della Fundación Internacional Jorge Luis Borges, Fernando Flores Maio, la direttrice del Pabellón de Bellas Artes della Universidad Católica Argentina (UCA), Cecilia Cavanagh e il referente per le attività culturali della Società Dante Alighieri in Argentina, Marco Gallo.
Immagine di copertina: G.Tommasi Ferroni, La Candida Rosa
La mostra Canto dopo Canto alla Casa de la Cultura di Buenos Aires