La redazione della Dante consiglia una selezione tra narrativa e saggistica di autori italiani o testi originali in lingua italiana.
Una lingua per cantare
Gli scrittori italiani e la musica leggera
di Giulio Carlo Pantalei
Einaudi
pp.320, 12 euro
C’era aria di rivoluzione in Italia, tra il secondo dopoguerra e gli anni Settanta, e gli scrittori, come spesso è accaduto, l’avevano avvertita prima del tempo e prima degli altri. Pasolini, Calvino, Caproni, Fortini, Roversi, Flaiano, Parise, Arbasino, Moravia, Eco: alcuni dei nostri massimi autori del Novecento hanno realizzato versi d’autore per musica contribuendo in maniera decisiva alla nascita del cantautorato e della canzone impegnata in Italia. Non solo. Questa vicenda è anche la dimostrazione che per oltre un ventennio l’intellighenzia letteraria nostrana ha saputo rappresentare un punto di riferimento decisivo, intellettuale e politico, per la sperimentazione entro l’intero spettro del sistema delle arti, rivolgendosi a tutti gli strati sociali ed emanando una potente influenza sulle nuove generazioni, che in quegli anni erano quelle dei giovani De André, Guccini, Dalla, Tenco, Endrigo, Marini, De Gregori, Margot Galante Garrone, Gaber, Vanoni, Jannacci, Battiato, Branduardi, Pietrangeli, solo per citare alcuni dei nomi piú noti e brillanti qui presenti.
Giulio Carlo Pantalei ha conseguito il PhD in Italianistica presso le università di Roma Tre e Cambridge. È autore, tra l'altro, delle monografie Poesia in forma di rock. Letteratura italiana e musica angloamericana (2016) e Italo Calvino archeologo. Strumenti dall'antico per il prossimo millennio (2023); scrive inoltre su «Doppiozero» e altre riviste. Per Electa ha curato la mostra su Calvino Sfida al labirinto alle Terme di Caracalla e lavorato a numerosi progetti espositivi. All'attività di ricerca abbina da sempre quella di cantautore e musicista, che lo ha portato anche a incidere negli studi di Abbey Road a Londra. Presso Einaudi ha pubblicato Una lingua per cantare. Gli scrittori italiani e la musica leggera (2025).
Liberiamo Moro dal caso Moro. L'eredità di un grande statista
di Angelo Picariello
San Paolo editore
28 euro, 472 pagine
Ogni volta che si cita il nome di Aldo Moro il pensiero va alle tragiche, complesse, inquietanti circostanze della sua prigionia e della sua morte. Ma questo padre e protagonista assoluto della nostra Repubblica merita di esser ricordato per quel che è stato e per il sacrificio della vita che questo suo impegno ha comportato. Questo libro racconta Moro a chi lo ricorda poco e male e a chi non lo conosce: Moro e la sua famiglia, Moro giusnaturalista, Moro padre costituente, Moro penalista, Moro uomo di governo, Moro e la Contestazione, Moro in ascolto dei giovani, Moro e i nuovi movimenti, Moro Ministro degli esteri e uomo di pace, Moro antigiustizialista, Moro vittima del terrorismo e ispiratore di una seria riflessione sulla giustizia riparativa. Tanti aspetti uniti dalla centralità della persona che ha caratterizzato la sua vita, quanto la sua azione politica e di docente, dopo averne fatto il punto centrale della nostra Costituzione. Liberiamo Moro dal “caso” che lo tiene ancora imprigionato e che ci impedisce di avvalerci della sua attualissima lezione di uomo e di cattolico, prima ancora che di politico.
Angelo Picariello, sposato, con due figli, vive a Roma. Nato ad Avellino, città in cui da giovanissimo è stato eletto due volte consigliere comunale, rivestendo anche l'incarico di assessore alla gioventù, è laureato in giurisprudenza e ha avviato la professione di giornalista nell'emittenza locale seguendo le vicende del dopoterremoto in Irpinia. Ha lavorato per Il Giornale del Popolo di Lugano, La Discussione, Sat 2000. Dopo una lunga collaborazione, lavora dal 2000 per Avvenire come redattore parlamentare e segue l'informazione dal Quirinale. È anche collaboratore della sezione culturale, per la quale segue soprattutto i temi della storiografia politica e le vicende della riconciliazione dopo gli anni di piombo. Ha scritto, per le Edizioni San Paolo, Capuozzo, accontenta questo ragazzo, una biografia di Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume italiana, morto a Dachau dopo aver posto in salvo migliaia di ebrei.
Il XX secolo non è finito
di Sergio Vento
Rubbettino
262 pagine, 20 euro
Il superamento della Guerra Fredda, definizione mediatica di indubbio successo che aveva mascherato per 45 anni le spartizioni dell’Europa a Yalta e della Germania a Potsdam fra i due Imperi vincitori della Seconda Guerra Mondiale, ha riaperto il vaso di Pandora delle identità e delle sovranità che avrebbero dovuto diluirsi nella ambigua e concomitante globalizzazione finanziaria e tecnologica. Tutte le crisi di un Ventesimo Secolo, di cui si era frettolosamente decretata la fine (o la “brevità” secondo Eric Hobsbawm), si sono puntualmente riproposte, dal Baltico al mar Nero, dal Vicino Oriente al Golfo, dai vari scacchieri africani all’Indopacifico. Tale dinamica è stata accompagnata da una duplice sfida: il risveglio degli Imperi dell’Eurasia (ottomano, russo, cinese, persiano, indiano); la simmetrica crisi della democrazia rappresentativa, con le sfide del crescente astensionismo e dell’indebolimento della classica forma-partito, sostituita da movimenti populisti. La cosiddetta policrisi geopolitica si manifesta sullo sfondo della competizione economica e tecnologica fra Stati Uniti e Cina ed è accompagnata da fenomeni quali le incognite climatiche, le minacce pandemiche e i flussi migratori incontrollati. Il XX Secolo non è finito è una raccolta di esperienze e testimonianze attraverso le dinamiche sfociate nell’attuale, evidente erosione della governance, viceversa indispensabile ad un sistema multipolare di relazioni internazionali.
Sergio Vento è entrato nella carriera diplomatica nel 1963, collaborando con i Sottosegretari di Stato Arialdo Banfi e Mario Zagari. Ha in seguito prestato servizio all’Aja, Buenos Aires e Ankara tra il 1967 e il 1975. Responsabile dell’Ufficio Medio Oriente-Nord Africa fino al 1978 e vice Rappresentante Permanente all’OCSE a Parigi fino al 1985, ha poi collaborato con i vice Presidenti del Consiglio Giuliano Amato e Gianni De Michelis. Ambasciatore a Belgrado dal 1989 al 1992, è stato Consigliere Diplomatico di quattro Presidenti del Consiglio fino al novembre 1995 quando è stato nominato Ambasciatore a Parigi. Successivamente Rappresentante Permanente alle Nazioni Unite a New York dal 1999 al 2003, ha concluso la carriera come Ambasciatore d’Italia a Washington nell’autunno del 2005. Ha tenuto dal 2005 al 2010 un corso di Relazioni Internazionali e Geopolitica presso la LUISS. Si è interessato di consulenze legali, private equity ed infine editoria quale membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Treccani.