𝙏𝙚 𝙥𝙞𝙖𝙘𝙚 ‘𝙤 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙥𝙚? È la famosa domanda che Eduardo De Filippo, nei panni di Lucariello, rivolgeva al figlio mentre costruiva il presepe, in una delle sue commedie più famose: Natale in casa Cupiello.
Natale è alle porte e tra i simboli natalizi più rappresentativi della cultura italiana primeggia il presepe che, ancora oggi, non è soltanto un simbolo religioso, ma è una vera e propria eredità culturale capace di connettere la storia con tradizione e modernità; spiritualità e materialità.
Il termine preṡèpio (o preṡèpe) deriva dal latino praesepium o praesepe che vuol dire greppia, mangiatoia. Il primo presepe della storia fu realizzato il 24 dicembre del 1223, da San Francesco, a Greccio (Lazio, Italia). C'era solo la natività, in una grotta scaldata dal bue e l’asinello.
È a Napoli, nel 1700, che il presepe diventa molto più della semplice rappresentazione della nascita di Gesù. Compaiono, man mano, tutti gli altri personaggi che oggi affollano il presepe: un vero e proprio scorcio della vita partenopea dell’epoca, dove spiritualità e quotidianità si fondono tra di loro.
Inizialmente si diffonde nelle case popolari, tra le famiglie di umili origini ed è la manifestazione di una devozione popolare nata dalla gente semplice per la gente semplice. Ospitato in una scarabattola (teca), costituito da un piccolo scoglio (porzione di roccia) fatto di carta modellata con l'acqua, talvolta di sughero, legno o stucco. Il primo presepio napoletano è animato da statuine di pastori che rappresentano i personaggi più poveri ed emarginati: i pezzenti, la donna col gozzo, gli storpi, le popolane lavandare e tutti i venditori con i loro bancarielli. Ad ogni mestiere viene associato un mese e ne risulta un’istantanea sulle attività commerciali dell'anno intero*.
Il presepe napoletano è un simbolo descrittivo, identificativo e unificante della comunità di appartenenza, nella sua dettagliata composizione, e viene messo in scena proprio come una rappresentazione teatrale, nel pieno svolgimento della vita. Poi, nel tempo, il presepe comincia a diffondersi anche nelle case delle famiglie più agiate, fino a diventare un vanto da esibire durante le festività natalizie. È a partire da quel momento che la realizzazione dei pastori si trasforma in un vero e proprio mestiere, aprendo un mercato artigianale e artistico, ancora oggi fiorente.
Nel tempo il presepio è diventato fortemente identitario trovando nei simboli, più che nelle parole, la propria espressione, sia pure nelle sue infinite variazioni, sia in Italia che nel mondo.
Un aspetto particolare fu l’introduzione delle rovine dei templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sul paganesimo, rappresentato dalla colonna spezzata, simbolo del paganesimo sconfitto.
Nonostante la comparsa dell’albero di Natale, la cultura italiana continua a custodire gelosamente la tradizione del presepe, che rappresenta sia la connessione tra cielo e terra, per i più religiosi; sia una perfetta unione tra sacro e profano, per i custodi di un simbolismo folclorico, ma soprattutto per gli amanti delle meravigliose statuine, fatte dai maestri pastorai nelle caratteristiche botteghe di San Gregorio Armeno, a Napoli.
* Quindi: gennaio è il macellaio; febbraio è il venditore di formaggio; marzo è il pollivendolo; aprile è venditore di uova; maggio è una donna che vende ciliegie; giugno è il panettiere; luglio è il venditore di pomodori; agosto è venditore di cocomeri; settembre è il contadino; ottobre è il vinaio; novembre il venditore di castagne e infine dicembre è rappresentato dal pescivendolo.