Allungo il braccio e vedo la mia mano. Chi è nato prima degli anni Ottanta talvolta si sorprende perché spesso quella mano regge un telefono cellulare (o smartphone). Non si tratta di un semplice strumento, o meglio è uno strumento ma bisogna capire come va usato. L’interconnessione perpetua, figlia della “società della conoscenza”, è un mondo dove troviamo molti pericoli, ma non vengono spesso ricordati i suoi molti effetti benefici. Chi non può uscire di casa anche se tutti gli altri sono in condizione di farlo possono infatti trovare nello smartphone una chiave essenziale per uscire da un isolamento e aumentare il senso di autostima per sentirsi accettati.
Può succedere ai più giovani o alle persone timide di non riuscire a comunicare con gli altri e trovare un aiuto nella comunicazione nei social network. E la cronaca non ci racconta di tutte quelle volte in cui, tornando a casa la sera, chi ha lavorato tutto il giorno può rifornire la dispensa grazie ad un’applicazione. Chi non legge le riviste specializzate non trova modo di sapere che le persone malate, anziane o che si muovono con difficoltà possono essere curate con servizi di telemedicina, così evoluti da indurre il nostro Servizio Sanitario Nazionale a regolarli attraverso apposite linee guida destinate all’emergenza pandemica nel dicembre 2020. Ci sono anche effetti positivi sul mondo della scuola: solo con i loro cellulari, nonostante i problemi e le lentezze, molti studenti hanno potuto continuare a studiare. Si dirà che il modello di Dad risente di criticità e presenta dei difetti, indubbiamente va ancora sviluppato.
Ma questa è la via che il presente e il futuro ci indicano con chiarezza. Un recente documento della Commissione Europea – di cui attendiamo la traduzione in italiano – indica molte funzioni positive del digitale per la didattica. La prima necessità, e ne siamo convinti, è quella di aggiornare gli insegnanti e i formatori per consentire una piena integrazione tra strumenti digitali e tradizionali, senza immaginare di sostituire la presenza ma cercando di arricchirla. Per far crescere il senso critico, per tenere sempre al centro “l’elemento umano della macchina”.