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Motorini, pattini e monopattini. Tra lingua e... cultura!

Scritto da A cura di Lucilla Pizzoli | 25-feb-2022 11.13.16

 

Nel 1953 una bellissima Audrey Hepburn, nel celebre film Vacanze romane, fuggiva per le vie della Capitale in Vespa e, nel 1999, un giovanissimo Cesare Cremonini (con i Lunapop) volava sul suo 50special “per i colli bolognesi”; senza dubbio, per i giovani di allora, il motorino incarnava un sogno di libertà e indipendenza. Sembra, però, che i tempi siano cambiati e che, negli ultimi anni, avere il cosiddetto cinquantino (scooter di piccola cilindrata) non sia più il sogno adolescenziale di una volta. Troviamo invece gli scooteroni nel titolo di una canzone dei noti trapper italiani Marracash e Gué Pequeno, dove rappresentano la potenza della loro banda: “Vrooooom scooteroni/ Scoo-scooteroni/ Sgaso sopra di te/ Rispetta i campioni”. In questo caso la cultura underground fa riferimento al TMAX, uno scooterone senza marce, agile, veloce e facile da guidare, che viene spesso utilizzato nei film e nelle serie TV dalle bande di criminali per effettuare rapine e imprese adrenaliniche, che gli permettono di “fare soldi facili”.

 

Sapevate che la parola scooter è attestata in italiano dal 1950, come derivato dall’inglese, dove però indica il “monopattino”? Proprio così, infatti to scoot in gergo significa “filare via”. Fino a poco tempo fa il monopattino era solo un giocattolo per bambini, mentre oggi – nella sua versione elettrica – lo vediamo sfrecciare nelle nostre città assieme alle biciclette. Nella sua versione originaria prevedeva che un piede fosse fermo sulla pedana che collega le due ruote e l’altro spingesse, come accade con lo skateboard (in inglese to skate vuol dire “pattinare”). Oggi, invece, il monopattino elettrico permette di spostarsi in equilibrio su due ruote semplicemente premendo il tasto di accensione e utilizzando la leva sul manubrio per accelerare. Un’altra curiosità linguistica riguardo a questo nuovo mezzo di locomozione green è che il termine pattino deriva dal francese patin, che a sua volta riprenderebbe l’onomatopeico patte “zampa”. Forse è da qui che nasce anche l’espressione pat-pat, usatissima nei fumetti, ad imitare “il rumore sordo prodotto da una mano (o una zampa) che colpisce con tocco lieve una superficie”, rappresentando un gesto di consolazione o di presa in giro. Chissà...

Se la parola monopattino è attestata per la prima volta nel 1939, sembra tuttavia che i pattini (o pattìni, come erano originariamente chiamati) siano nati nella notte dei tempi. Infatti, il pattinaggio è stato inventato per spostarsi sulle superfici ghiacciate, prima di diventare uno sport. Addirittura, risalgono al periodo paleolitico dei pattini d’osso (d’ippopotamo, mammuth, renna e cavallo) ritrovati in Europa centrale. Sembra che nel Trecento gli olandesi abbiano iniziato a realizzarli con lame in metallo; così sarebbero poi stati importati nel Settecento dagli Inglesi, e diffusi in tutto il mondo. Soltanto nel 1850, grazie agli americani, nacquero i primi pattini moderni e nel 1801 si disputò a Groninga (Olanda) la prima importante gara di pattinaggio. Ma non stavamo parlando di Vespe e motorini? Insomma... come al solito la storia delle parole ci fa fare dei giri immensi