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Parole, poesia e follia

Scritto da Rosa D'Aniello | 2-nov-2023 15.25.02

La parola poesia si collega al termine latino pŏēsis e al verbo greco poíèsis che significa “fare, produrre” e infatti è l'arte (intesa come abilità) di produrre composizioni verbali. La storia della poesia è una storia antica. La prima poetessa della storia di cui si abbia notizia fu Enheduanna, sacerdotessa sumera vissuta nella Mesopotamia del XXIV secolo a.C.

Ma torniamo alla poesia e alla produzione delle parole.

La poesia è, dunque, l'arte di produrre le parole con cui si generano linguaggi. Può sembrare che il linguaggio sia uno strumento nelle mani del pensiero. In realtà è il contrario: noi possiamo pensare solo a partire dalle parole che possediamo.
Gli scrittori, nel produrre linguaggio, forniscono alle persone le parole per pensare. Pensiamo con le parole della lingua che parliamo e finanche sogniamo usando le parole della nostra lingua. Ma da dove traggono i poeti la loro ispirazione?

Le menti più creative, quelle più geniali, non traggono certamente ispirazione dalla ragione, che resta tuttavia lo strumento necessario per intenderci, come spesso ci ricorda Umberto Galimberti saggista, filosofo e psicanalista italiano.
Dunque, i poeti traggono ispirazione dalla loro dimensione irrazionale e come tutti i grandi geni, sono tra quelli più vicini al rischio di follia. Per fornirci le parole, i poeti rischiano la follia, con cui devono entrare in relazione, per far nascere una nuova parola.

La produzione creativa di un poeta può essere rappresentata come la perla che nasce da un’anomalia della conchiglia. Quando ammiriamo una perla, dobbiamo essere consapevoli che stiamo ammirando la malattia della conchiglia, allo stesso modo, senza la connessione di una poetessa o di un poeta con la sua dimensione irrazionale, quell'opera potrebbe non esser mai nata [1].
Così come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, allo stesso modo, di fronte alla forza vitale di un poema, alla creazione di nuove sonorità generate dalla disposizione originale delle parole, non pensiamo alla follia, che forse era la condizione della sua nascita.

Resta, perciò, innegabile la coincidenza dimostrata tra il grado più alto dello sviluppo creativo e il momento più eclatante dell'esplosione psicologica.


[1] KARL JASPERS, filosofo e psichiatra tedesco, in Genio e follia, 1922.