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Spritz, dai bacari veneziani ai cocktail-bar mondiali

Scritto da Emanuela Gregori | 3-giu-2021 12.10.51

Dopo mesi di chiusura si torna finalmente all’aperitivo. È notizia di qualche giorno fa che un noto colosso del lusso francese abbia scelto di mettere sul mercato un nuovo prodotto che lancerebbe il guanto bianco all’aperitivo nostrano. Lo Chandon sfida lo Spritz. Ma se la Francia tenta di insidiare il primato del cocktail nato tra le calli veneziane, proponendone una versione più pretenziosa in una elegante bottiglia che ricorda quella dello champagne, di fatto non fa che confermarne il successo.
La miscela alcolica arancione sta conquistando il mondo e viene sempre più richiesta all’ora dell’aperitivo nei locali del mondo, soprattutto negli USA e nei Paesi emergenti.

L’aperitivo italiano come lo conosciamo oggi nacque negli anni Venti aggiungendo a una miscela di vino bianco frizzante e soda Seltz un po’ di Campari. ll fascino dello Spritz è proprio quello di essere una bevanda che si prepara facilmente, composta da tre ingredienti. Com’è tradizione in Italia, ogni città ha la propria variante: a Padova si usa il vino bianco frizzante, a Treviso rigorosamentesolo Prosecco, a Venezia un vino bianco fermo e a Udine il locale Tocai.
L’aperitivo resterà dunque italiano? Per ora la storia e la tradizione sono dalla nostra. Del resto all’aperitivo abbiamo dedicato persino un museo, uno di quegli affascinanti siti di archeologia industriale riadattati dalla mano di un architetto. Stiamo parlando di Galleria Campari, inaugurata nel 2010 e firmata Mario Botta. Un luogo in cui si può ripercorrere la storia di un prodotto italiano di successo, tra tanti esempi di design contemporaneo e di arte, perché si sa, Campari ha sempre strizzato l’occhio al design e alla creatività, dall’ingaggio dell’artista Fortunato Depero - che collaborò con Davide Campari e la sua azienda dal 1926 al 1936, inventando l’iconica bottiglia del bitter e partecipando alla Biennale di Venezia del 1926, con l’esposizione dei manifesti futuristi - fino all’esposizione del 1964 al Moma di New York dei manifesti del centenario realizzati da un altro grande maestro della creatività, il poliedrico Bruno Munari.