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Tolleranza

Scritto da A cura di Lucilla Pizzoli | 11-gen-2022 9.28.29

I mille volti di una parola cara a filosofi e religiosi. Avete mai giocato alla “ghigliottina”, il celebre quiz linguistico portato al successo dal programma televisivo l’Eredità (Rai Uno) in cui il campione della giornata, per vincere il montepremi, deve indovinare una parola misteriosa attraverso “vocaboli indizio”? Beh, proviamo a giocarci anche noi, proponendo una serie di parole che sono strettamente connesse al tema del nostro articolo, che naturalmente dovrete indovinare: limiti, editto, casa, sostanza, religiosa e zero. Già da questi pochi indizi appare evidente quanto il concetto di cui parliamo sia estremamente versatile, perché applicabile a realtà molto diverse fra loro. Se nell’arco di cinque minuti non avrete trovato la parola giusta da abbinare a ciascun indizio, è proprio il caso di decretare che il tempo è scaduto, svelando che la soluzione è il termine… tolleranza! Si tratta di una parola usata in molte discipline, che esprime “la capacità fisica o emotiva di accogliere, accettare, sopportare ciò che è considerato distante dalla norma”.


Dal punto di vista storico, risalendo all’epoca dell’Impero romano, il cosiddetto editto di tolleranza o di Milanofu promosso nel 313 d.C. dagli imperatori Costantino (Impero Romano d’Occidente) e Licinio (Impero Romano d’Oriente) per riconoscere la libertà di culto per tutti i cittadini. La parola ebbe poi una larga diffusione tra il Cinquecento e il Settecento, quando le dispute sulla tolleranza religiosa si fecero accesissime, in seguito alla riforma luterana. Uno dei primi sostenitori del concetto di tolleranza è stato sicuramente Erasmo da Rotterdam che, nell’opera De Libero Arbitrio, sottolineava come la fede religiosa dovesse risultare da una libera scelta individuale e non da una costrizione dello stato. Questa affermazione contrastava, infatti, il principio Cuius Regio Eius Religio sancito nel 1555 dalla Pace di Augusta, che chiedeva ai sudditi di abbracciare la fede del proprio re. Un altro grande personaggio storico che trattò il tema fu il filosofo e scrittore francese Voltaire, che scrisse nel 1763 il celebre Trattato sulla tolleranza, opera di riflessione sulle fondamenta della società civile e sul rispetto dell’opinione altrui. Restando in ambito storico, ma arrivando ai nostri giorni, l’espressione tolleranza zero nasce per indicare “severi provvedimenti legislativi contro i reati minori e in generale contro i fenomeni che possono turbare il singolo o la comunità”. Si tratta di un intransigente modello politico di pubblica sicurezza, applicato per la prima volta da Rudolph Giuliani, sindaco di New York dal 1994 al 2001. Al di fuori dell’ambito giuridico-disciplinare, questa espressione è un modo di dire usato per “stigmatizzare comportamenti che si ritengono discutibili”.

Invece, quando parliamo di numeri, che siano espressi in km/h (come la velocità percorribile in autostrada) o parti per milione (come la quantità di principi attivi che un alimento può contenere), i limiti di tolleranza indicano “il quantitativo massimo che non deve essere superato per evitare una situazione di pericolo”; nelle misurazioni, poi, la tolleranza è anche “la differenza accettabile tra il valore misurato e quello reale”. Il tempo non è escluso da questo discorso infatti, ad esempio, un insegnante può concedere agli studenti ritardatari una “tolleranza di cinque minuti dall’inizio della lezione”! Inoltre, per quanto riguarda l’assunzione di sostanze come farmaci o droghe, la tolleranza rappresenta “un assuefazione del corpo alla sostanza” che avviene dopo somministrazioni ripetute”.

Ancora differente è il significato del nostro vocabolo nell’espressione casa di tolleranza, risalente all’Ottocento e sinonimo di casino, bordello (fr. bordel “tugurio”), casa chiusa, casa a luci rosse, casa d’appuntamenti, casa di piacere, postribolo (lat. “luogo in cui ci si offre”) o lupanare (lat. “casa delle lupe o prostitute”). Si trattava, appunto di luoghi in cui avveniva la prostituzione, tollerata dallo Stato dal 1859 grazie all’autorizzazione in Lombardia di Camillo Benso.

Insomma, la tolleranza ha mille volti, alcuni dei quali decisamente inaspettati: d’altronde abbiamo ormai capito che la storia delle parole riesce sempre a stupirci.