Alle radici della parola sostenibilità c’è il verbo latino sustinere, composto di sub- “sotto, dal basso” e tenere “reggere”; il suo significato primario è dunque quello di “sorreggere, mantenere alto”, ma anche “proteggere, difendere, aiutare”, tanto che siamo abituati a sostenere un amico se sta attraversando un momento di difficoltà. L’aggettivo sostenibile indica ciò “che si può sostenere” ed è attestato in italiano sin dal Seicento, ma è solo a partire dal 1972 – durante la prima conferenza ONU sull’ambiente – che viene declinato nel sostantivo sostenibilità con il significato di “sfruttamento strategico delle risorse ambientali per far fronte ai bisogni attuali e futuri dell’uomo” e poi nel 1987, con la pubblicazione del Rapporto Brundtland, è stato felicemente accostato al termine sviluppo, per esprimere l’obiettivo della collettività di “progredire facendo attenzione all’ambiente, ad un’economia equa e alle possibilità delle generazioni future”.
Tra le varie espressioni connesse allo sviluppo sostenibile avrete sicuramente sentito parlare di economia circolare. Non si tratta di un termine per esperti, ma di un modello di sviluppo economico ideale, che vede “produzione e consumo attenti ad evitare lo spreco delle risorse naturali” attraverso condivisione, riparazione, riutilizzo e riciclo dei materiali. Una seconda espressione verde è net zero cioè “zero emissioni nette”; forse ci risulterà un po’ più difficile da interpretare ma si tratta dell’obiettivo che i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ci consigliano di raggiungere entro il 2050, per limitare il pericoloso aumento della temperatura globale. Di cosa si tratta nello specifico? Bisogna lavorare affinché ci sia un equilibrio tra i gas serra prodotti dalle attività umane e quelli che riusciamo a rimuovere dall’atmosfera attraverso, ad esempio, la riforestazione. A proposito, un’azienda può essere climate-positive se “supera l’obiettivo di neutralità a livello di emissione di CO2 e gas serra” portando un vantaggio per l’ambiente oppure carbon-positive se le sue “emissioni di gas serra sono al di sopra di zero” (quindi positive). In questo caso contribuirà al peggioramento delle condizioni climatiche e ambientali del pianeta. Risulta molto interessante l’esistenza dell’unità di misura Co2e ossia “biossido di carbonio equivalente”. Questa unità di misura ci permette di confrontare facilmente l’impatto ambientale di differenti emissioni di gas serra, come ad esempio il metano, il protossido di azoto, i florurati, ecc. In poche parole, basta moltiplicare la massa del gas serra in questione per il suo Global Warming Potential, così da ottenere un valore fisso per qualsiasi gas serra in termini di CO2: il paragone è presto fatto!
Tra le nuove figure professionali connesse al mondo della sostenibilità (non solo ambientale, ma anche economica e sociale) abbiamo il settore aziendale della Corporate Social Responsibility. In questa nuova concezione manageriale, infatti, le dinamiche produttive devono essere integrate con gli interessi ambientali e sociali per mantenere alta la reputazione del proprio marchio. Si tratta di una questione di grande rilievo, data l’esistenza di veri e propri database che monitorano e paragonano le aziende in base alla loro Responsabilità Sociale, come ad esempio The RepTrack Company. Per fare qualche esempio di buona pratica, le aziende possono installare pannelli solari, finanziare riforestazioni, sostenere scuole e corsi di formazione in paesi in via di sviluppo ecc., ma anche, nel quotidiano, disincentivare l’utilizzo di plastica fornendo ad esempio borracce, distributori d’acqua o bottiglie in tetrapak; scoraggiare la stampa dei documenti privilegiando gli spazi di archiviazione online; agevolare i dipendenti ad usare i servizi di trasporto pubblici ottenendo una convenzione con le amministrazioni locali ecc. Insomma, c’è moltissimo che possiamo fare per ridare al pianeta e alle future generazioni il benessere che meritano, bisogna soltanto essere un po’ più eco-consapevole!