Le isole rappresentano una delle mete estive più gettonate per gli amanti del mare, grazie alle acque cristalline e all’esclusività dei loro panorami. Si considerano isole “tutte le terre emerse completamente circondate dalle acque” quindi, in Italia, contando anche gli isolotti lacustri e fluviali e i faraglioni, ne abbiamo circa 800, delle quali solo un’ottantina sono abitate. Tra queste, le più grandi sono sicuramente la Sicilia e la Sardegna, ma la bellezza e il fascino delle cosiddette “isole minori” le rende terre ugualmente conosciute, amate e visitate, tanto da aver dato vita nel 1986 all’Associazione Nazionale Comuni Isole Minori, che ne riunisce una trentina.
Dal comune etimo latino insulam che probabilmente vuol dire “ciò che si trova fra le correnti” sono nate sia la parola italiana isola, che usiamo tutt’oggi come nome comune, sia il termine ischia, che è diventato il nome proprio della celebre isola vulcanica collocata nel golfo di Napoli e famosa per le acque termali. Generalmente, tutte le isole hanno uno o più nomi, nati per descriverne le caratteristiche ambientali, la storia reale o le narrazioni mitiche dei popoli che le abitano; ad esempio, l’arcipelago siciliano delle Eolie prende il suo nome dal dio greco del vento Eolo. Tra le isole che ne fanno parte, il nome Lipari fa riferimento al greco lipara “terre grasse, abbondanti, ricche e fertili”, mentre Filicudi deriva dalle tipiche palme nane (Phoinix) che la colorano e Alicudi dalle verdi eriche che la ricoprono (un tempo Ericusa). La Sicilia stessa riprende il suo nome dall’antica popolazione dei Sicani ma porta con sé anche il nome greco di Trinacria “dalle tre punte/promontori”, usato da Omero a Dante in riferimento alla sua forma triangolare. Anche la Sardegna, per via del suo aspetto visto dall’alto, ha il nome di Ichnusa, dal greco “sandalo”. Nell’arcipelago toscano, l’Isola d’Elba deve probabilmente il suo nome al termine etrusco ilva “ferro”, minerale di cui è ricca, e così via… potremmo passare giornate intere a scoprire i segreti che si celano dietro ogni lembo di terra.
Facendone un uso metaforico, gli antichi romani utilizzavano la parola insulam per indicare i caseggiati popolari, talvolta anche di 10 piani, che erano separati dagli altri edifici come un’isola è separata dalle altre terre. Ne troviamo molti esempi a Roma e ad Ostia Antica, in completa contrapposizione con la tipologia architettonica della domus “casa privata monofamiliare”, destinata ai patrizi. È probabile che da quest’uso derivi anche il nostro sostantivo isolato, indicante “un edificio o un gruppo di edifici circondato da strade”.
Attualmente, il vocabolo isola è presente in varie locuzioni, come isola pedonale “area urbana in cui non possono circolare veicoli”, isola spartitraffico “tratto di strada che regola e incanala la circolazione dei veicoli” o isola ecologica “centro di raccolta dei rifiuti”. In tutti i casi la parola indica uno spazio che si distingue dal resto per determinate caratteristiche. Tra i modi di dire, ricordiamo che un’isola felice è un luogo positivo e protetto spesso collocato in una realtà in netto contrasto. Ad esempio, in una periferia degradata una biblioteca può essere un’isola felice.
Abbiamo visto come la parola isola spalanchi una finestra su luoghi “altri”, spesso lontani dalla terra ferma, che nell’immaginario comune diventano quasi magici. A proposito, è d’obbligo ricordare la locuzione l’isola che non c’è, nata nel 1904 dalla penna di James Matthew Barrie per indicare il luogo immaginario dove agisce il personaggio Peter Pan. La usiamo ancora oggi con il significato metaforico di “utopia” o “ideale” tanto che il grande cantautore e musicista Edoardo Bennato ha intitolato così una delle sue canzoni più belle:
[...] non esiste una terra
Dove non ci son santi né eroi
E se non ci son ladri, se non c'è mai la guerra
Forse è proprio l'isola che non c'è [...]
Niente odio né violenza, né soldati né armi
Forse è proprio l'isola che non c'è [...]
(Edoardo Bennato, L’isola che non c’è, 1992)