Abbiamo visto che sia le fiabe sia le favole sono racconti fantastici, i cui nomi derivano da verbo latino fari “dire, raccontare”. Tuttavia, queste due tipologie di racconto differiscono fra loro per vari aspetti: la presenza di personaggi magici (gnomi, streghe, fate, orchi) e di luoghi o oggetti incantati caratterizzano le fiabe, i cui protagonisti devono affrontare peripezie e antagonisti; mentre le favole generalmente hanno una morale e vedono come protagonisti degli animali umanizzati.
Un altro genere narrativo di fantasia, che presenta delle caratteristiche in comune con le fiabe e le favole, è il mito. Questo termine deriva dal greco μῦϑος (mytos, “parola, discorso”) e indica un racconto, inizialmente tramandato oralmente, che per un popolo o una civiltà risponde in maniera irrazionale e non scientifica alle grandi domande esistenziali riguardanti, ad esempio, la nascita del mondo (miti cosmogonici), la vita dopo la morte (miti escatologici), oppure che spiega le cause o le origini di alcuni aspetti della realtà (miti eziologici), come il nome di determinati luoghi o la presenza di fenomeni naturali (fulmini, terremoti, fuoco, arcobaleno, via lattea, alternarsi delle stagioni, ecc.).
I protagonisti dei miti vivono sempre in un’epoca remota, un tempo antichissimo, che gli permette di poter rappresentare una vicenda davvero archetipica e universale. Per quanto riguarda la mitologia occidentale, quindi afferente alla civiltà greca e a quella latina, i personaggi che vi appaiono sono sempre divinità, semi-divinità (ad esempio le ninfe), eroi (umani con capacità speciali) o mostri, tutti mossi dalle passioni umane, come l’amore, la gelosia, la rabbia, la vendetta, la curiosità...
Per avere un’idea di quanto i miti caratterizzino tutte le culture, basti pensare che un diffuso fenomeno naturale, come il terremoto, è alla base di molte narrazioni diverse, provenienti da civiltà differenti: per gli indù era l'effetto del movimento dei vari animali che sorreggevano il globo terrestre (otto elefanti appoggiati sulla schiena di una tartaruga, a sua volta in equilibrio su di un cobra); per i peruviani era dovuto ad una goffa divinità che scendeva sulla terra per contare gli uomini; secondo i greci e i latini era causato da Poseidone, signore del mare, dei maremoti e dei terremoti (tanto che un’affascinante interpretazione vedrebbe la vicenda del cavallo di Troia come simbolo di un terremoto che distrusse la città, dato che il cavallo era l’animale caro a Poseidone). Ancora, presso la cultura tradizionale giapponese, il terremoto sarebbe causato dal Namazu, un pesce gatto gigante, nascosto sotto terra e schiacciato da una roccia. Una leggenda siciliana, invece, sicuramente più recente dei miti classici, originerebbe il terremoto nei momenti di riposo di Colapesce: un ragazzo mezzo uomo e mezzo pesce che vivrebbe sott’acqua per sorreggere la Sicilia “fabbricata su uno scoglio, e questo scoglio poggia su tre colonne: una sana, una scheggiata e una rotta” (Italo Calvino, Fiabe Italiane).
La parola mito oggi è frequentemente usata in espressioni quali “sei un mito” o “è il mio mito”, per indicare una persona che si ammira molto, tanto da idolatrarla. Il termine mito può però indicare anche una rappresentazione ideale della realtà che non corrisponde al vero, quindi l’espressione ottiene un tono polemico: es. “il mito dell’eterna giovinezza”, “la pace nel mondo è un mito”. Il termine mitico, oltre ad indicare, come aggettivo, “qualcosa che riguarda il mito”, ad esempio “gli eroi mitici” o “i tempi mitici”, può esse utilizzato anche come interiezione o esclamazione, al pari di “magico!”, “fantastico!”, “grande!”. È infatti “mitico!” la parola usata nella versione italiana per tradurre il classico “WOHOOO” inglese di Homer Simpson, personaggio della celebre sitcom animata I Simpson.