I 70 anni della Dante a Casablanca

Settant'anni di cultura e amicizia tra Italia e Marocco e l'anniversario del Comitato Dante di Casablanca sono stati celebrati venerdì 20 maggio con un concerto dei Solisti della Nuova Orchestra Scarlatti nel Teatro Italia. L'appuntamento, nato per iniziativa del Consolato generale d'Italia e del Comitato Dante di Casablanca, si è aperto con i saluti del Segretario generale della Dante Alessandro Masi ed è stato poi presentato dal Console generale d’Italia Marco Silvi e dalla Presidente del Comitato, Marina Sganga Menjour. 

Alessandro Masi ha ringraziato l'Ambasciatore Armando Barucco e il Console Silvi, citando l'importanza strategica della collaborazione sempre più stretta tra la Dante e la rete della Farnesina. Il  Console Silvi, a sua volta, ha sottolineato l'impegno trentennale della Presidente Marina Sganga ricordando come la Dante di Casablanca sia oggi un'istituzione di eccellenza nazionale. Presente alla serata, per la sede centrale della Società Dante Alighieri, anche la responsabile Marketing territoriale Sara Di Simone. 

Le molte iniziative della Dante di Casablanca per la musica, la danza, il cinema e la poesia, accanto a quelle per l'apprendimento e la certificazione della lingua italiana, hanno contribuito a fare del Comitato anche un importante luogo d'incontro e dialogo per la comunità delle imprese italo-marocchine nonché un punto di riferimento per i cittadini del Marocco che intendono proseguire o approfondire il loro percorso di studio presso le università in Italia. Per celebrare l'importante anniversario del 20 maggio, i solisti della NSO (violini Pasquale Faucitano, Ilaria Metta, viola Alessandro Zerella, violoncello Pierluigi Marotta, clarinetto Gaetano Russo) hanno proposto un programma musicale che parte dal Settecento e arriva al secolo scorso, attraversando generi e ispirazioni.

Da Vivaldi a Troisi: immagini d’Italia a Casablanca 

a cura di Antonio Melillo Melillo, tirocinante presso l'ufficio Cultura della Società Dante Alighieri  

Nel riascoltare il Concerto per archi in sol maggiore di Antonio Vivaldi, si ha l’impressione di essere trascinati in una danza intima, rispettosa, ordinata e al tempo stesso trionfale, celebrativa. Un dialogo sereno e armonioso conduce la narrazione musicale nel rapido alternarsi del canto dei violini.
Ritorna immediatamente l’immagine della Venezia del Settecento, tanto amata dal compositore delle Quattro stagioni, il prete dai capelli rossi che conobbe il successo tra la Serenissima e Vienna. Siamo guidati dal nervo rosso del contrappunto che, difatti, lega Vivaldi al giovane Mozart dei Quartetti milanesi. Un’opera spensierata, degna del fanciullo prodigio che, appena sedicenne, si trovava a Milano per la prima rappresentazione della sua opera lirica Lucio Silla. Dal settentrione fino a Napoli, passando per il Trio per archi in sol maggiore attribuibile a Pergolesi ma, ad ogni modo, emblema della scuola napoletana che tanto affascinò lo stesso Mozart nel corso del suo soggiorno partenopeo. Nella forma sonata, l’alternanza del moto allegro, adagio e ancora allegro, restituisce il carattere del virtuosismo di matrice italica, dirompente e pretenzioso della miglior perfezione in termini di esecuzione tecnica e stilistica. Al trillo settecentesco dei quartetti per archi, viene man mano a riaffiorare il canto solitario e decadente dell’Ottocento pucciniano. Laddove la musica immortala il luccichio delle stelle, nella calma rarefatta dei Crisantemi. Un lirismo degli eroi appassionati, strettamente legato alla trasposizione diretta delle emozioni. Eppure, siamo sempre nel repertorio cameristico, rarissimo nella produzione di Puccini.
Ancor più se consideriamo la grande tradizione operistica che ne suggella la fama. Alla fine rimane il canto, dal superbo classicismo al più profondo romanticismo. Vivaldi, Pergolesi, Mozart e Puccini: come esser portati nella calma dell’abisso avendo provato il moto agitato e intensissimo della marea. Ai Crisantemi pucciniani appartiene il sapore del pianto; d’altronde la stessa linea melodica viene a svilupparsi in senso discendente. Una preghiera, una danza per quartetto d’archi: insomma, musica per esser vista. Sulla stessa corda abita Il postino di Luis Bacalov già immerso nel nostalgico Novecento che, rispetto a tutti gli altri secoli, conserva un solo vantaggio: poterli ascoltare, riascoltare, ammirare e rivivere.
A noi sembra di rivedere l’indimenticabile Troisi assorto nella secolare riflessione circa la verità, l’essenza della poesia. A chiusura di un concerto che, nel suo programma, suscita complessivamente emozioni intense, edificanti. Infinite note di un corpo unico, la musica, la Dea degli orizzonti perduti, del viaggio, di un itinerario che, stavolta, ci ha fatto incontrare l’Italia a Casablanca.

 

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