Paese

Se dovessimo pensare ad una definizione letteraria per descrivere l’Italia, probabilmente ci verrebbe in mente il penultimo canto dell’Inferno di Dante, in cui il Poeta chiama amabilmente la nostra terra «il bel Paese là dove ‘l sì suona» o il Canzoniere di Petrarca, in cui siamo indicati come «il bel paese ch’Appennin parte, e ‘l mar circonda e l’Alpe». Queste espressioni estetiche sono usate dagli autori per riassumere i tratti distintivi, contemporaneamente fisico-geografici e socio-culturali, del nostro territorio e dei suoi abitanti.

La parola paese, usata da entrambi gli autori, identifica infatti – in una delle sue accezioni — un “ampio tratto di territorio abitato e caratterizzato da determinate particolarità”, che può coincidere con il concetto di nazione/stato o con i suoi cittadini; con questo significato, pensiamo ad esempio a espressioni quali i paesi freddi, i paesi tropicali o i Paesi Bassi, e ancora servire il paese, un paese democratico, consultare il paese. Passando ad un secondo significato, molto diffuso, il termine paese indica anche un “piccolo centro abitato”, di cui l’Italia è letteralmente costellata. In quest’accezione, possiamo parlare di piazza del paese, festa di paese, vita di paese o di un paese abbandonato.

Per quanto riguarda l’origine del termine, risaliamo al latino pagus “villaggio”, connesso all’espressione ager pagensis “territorio di campagna”. Tra i suoi derivati, oltre ai diminutivi paesino e paesello, spicca sicuramente la parola paesaggio, che indica “la parte di territorio che si riesce ad abbracciare con lo sguardo, guardandolo da un punto determinato” (come nell'espressione un bel paesaggio), ma anche “un paesaggio geografico: elementi naturali o artificiali caratteristici di un determinato territorio”. Ad esempio, possiamo identificare un paesaggio glaciale, desertico o urbano. Il termine paesaggio è costruito su modello del francese paysage, con la matrice latina pagensis ad indicare un “territorio rurale”, accompagnata dal suffisso -aggio (-ager in francese); la variante francese è apparsa per la prima volta nel 1549 nel dizionario di Robert Estienne, mentre quella italiana la ritroviamo nel 1552 nella lettera che il celebre artista Tiziano indirizzò all’imperatore Filippo II, usandola, nientemeno, per indicare la sua modernissima concezione del legame tra ambiente naturale e figura umana. D’altra parte, anche la Convenzione Europea sul paesaggio (2000) lo considera “una parte di territorio così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.

Terminiamo con alcuni paesi letterari, che sono finiti nel gran calderone dei modi di dire più chiacchierati: quello di Bengodi (da bene e godere) è stato inventato da Giovanni Boccaccio nel suo Decameron e ancora oggi lo usiamo per rappresentare “un luogo immaginario di delizie e abbondanza dove si vive senza fatiche”, quello dei balocchi (con un significato affine) è nato dalla penna di Carlo Collodi nelle Avventure di Pinocchio, mentre il Paese delle meraviglie ideato da Lewis Carrol è l’immaginaria ambientazione del celebre romanzo Alice in Wonderland. E, se è vero, come si dice, che paese che vai usanza che trovi, come recita il detto popolare a celebrazione della diversità culturale, sicuramente andare a quel paese non è proprio un viaggio di piacere, ma solo una frase poco cortese usata per allontanare in modo brusco qualcuno!

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