Del rapporto tra il Sommo Poeta e la natura, come su tutto il resto, si è già detto molto anche in tempi recenti. D’altronde, il viaggio oltremondano di Dante è tutto racchiuso all’interno di una cornice naturale, se è nostra intenzione comprendere all'interno di questa anche l’orizzonte astronomico in cui si trova il Paradiso.
A partire dal luogo in cui il poeta si trova all’inizio del poema ovviamente, che esprime un insieme complesso di significati simbolici: la selva oscura.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
(Inferno, canto I, vv. 1-3)
Un altro bosco oscuro si trova ancora nell’Inferno, nel secondo girone del settimo cerchio, dove sono puniti coloro che sono stati violenti contro sé stessi. È il celebre episodio dell’incontro con Pier Delle Vigne, consigliere dell’imperatore Federico II, accusato di tradimento nel 1249. La natura è qui particolarmente inquietante, deformata, simbolo dell'assoluta anormalità dell’atto del suicidio:
Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti;
non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco.
Non han sì aspri sterpi né sì folti
quelle fiere selvagge che ’n odio hanno
tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.
(Inferno, canto XIII, vv. 1-9)
Il corpo contro cui questi dannati sono stati violenti e che, diversamente dalle altre anime, non recupereranno al momento del Giudizio Universale, è trasformato in uno sterpo secco all’interno del quale scorre sangue:
Come d’un stizzo verde ch’arso sia
da l’un de’ capi, che da l’altro geme
e cigola per vento che va via,
sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond’io lasciai la cima
cadere, e stetti come l’uom che teme.
(Inferno, canto XIII, vv. 40-45)
La natura si fa decisamente più dolce e accogliente all’ingresso del Purgatorio: Virgilio e Dante rivedono il cielo, è l’alba, c’è il mare. Nella magnifica descrizione di apertura del primo canto, il poeta ci immerge in un luogo tutto di colore azzurro tenue:
Dolce color d’orïental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ’l petto.
(Purgatorio, canto I, vv. 13-18)
Quest’atmosfera eterea è ancora più presente nel Paradiso. Il colore predominante è qui il bianco accecante della luce del sole:
Fatto avea di là mane e di qua sera
tal foce, e quasi tutto era là bianco
quello emisperio, e l’altra parte nera,
quando Beatrice in sul sinistro fianco
vidi rivolta e riguardar nel sole:
aguglia sì non li s’affisse unquanco.
E sì come secondo raggio suole
uscir del primo e risalire in suso,
pur come pelegrin che tornar vuole,
(Paradiso, canto I, vv. 43-51)
Questi solo alcuni dei possibili esempi che mostrano come tutti i luoghi della Commedia, compresi quelli naturali, sono utilizzati da Dante come strumento di espressione poetica.
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