Dante e gli omosessuali nella Commedia. Tra Inferno e Paradiso è un saggio di Aldo Onorati. Riedito da Società Editrice Dante Alighieri nel 2018, affronta un tema che nel tempo ha sollevato diverse e immaginifiche interpretazioni.
Onorati approfondisce l’atteggiamento benevolo di Dante verso gli omosessuali (o sodomiti, come vengono indicati nel testo) servendosi delle parole dello stesso Poeta, che considerava i peccati carnali meno gravi di quelli morali. Onorati ne parla con altrettanta libertà e apertura; invece, molti commentatori hanno trovato il tema spinoso, talora imbarazzante.
C’è stato chi ha spiegato la benevolenza di Dante immaginando che fosse omosessuale anche lui. Qualcuno lo ha creduto ironico, nel suo dialogo con Brunetto Latini. Altri hanno immaginato che un senso velato si nascondesse sotto parole così miti rivolte a peccatori tanto condannabili.
Dante, per quanto uomo del Medioevo, non colloca però tutti i sodomiti nell’Inferno. Ne sistema qualcuno anche nel Purgatorio, il che significa che lui non li reputava indegni del Paradiso. Interessante anche la loro collocazione, nel VII Cerchio dell’Inferno e sotto una pioggia di fuoco, accanto a usurai e bestemmiatori. Tutti gli “ospiti” del girone i violenti verso Dio, la natura e l’arte. Soggiacciono dunque alla stessa punizione, forse perché hanno sperperato risorse preziose come la fede, il seme, il denaro.
Abbiamo chiesto a Onorati di illustrarci alcuni passaggi significativi del suo lavoro.
Sconcerto, imbarazzo e fastidio, così hanno reagito diversi commentatori danteschi all’atteggiamento benevolo di Dante verso l’omosessualità. Alcuni sono giunti a pensarlo omosessuale a sua volta. Dante è più moderno dei suoi epigoni?
È un nodo spinoso, forse gordiano, quello che riguarda la visione di Dante sugli omosessuali. Alcuni, portando l’acqua al proprio mulino, hanno dato del sodomita all’Alighieri, per il fatto che solo lui conosceva il vizio di Brunetto Latini (le cronache del Trecento non ne parlano) e pure perché Dante esprime un ambiguo amore a Carlo Martello. Ma è troppo poco per collocare il Sommo Poeta fra i gay.
Piuttosto, bisogna dire che Dante aveva già ai suoi tempi idee moderne, ecco perché è il più attuale dei nostri autori. Tuttavia, su questo problema, non si è fatta molta strada. Tutti hanno cercato di aggirare l’ostacolo, fermandosi al solo canto di Brunetto Latini e giustificando l’affetto di Dante per lui col pretesto del rapporto Allievo-Maestro. Il rispetto e la gratitudine dell’Alighieri per il suo insegnante avrebbero confuso le acque, ma restava il dato inoppugnabile (questo lo dicono tutti) che Brunetto sta ad arrostirsi all’Inferno, il luogo dell’abbandono della speranza.
Come si fa a leggere Dante “con Dante”, collocando il pensiero del Poeta nel suo tempo e interpretandolo con le sue parole?
Restiamo al tema dell’omosessualità: ai tempi di Dante i sodomiti subivano pene anche totali, cioè la morte. Porre nell’oggi Dante e interpretarlo fuori dal suo tempo, è limitarlo, sminuirlo nel suo coraggio. Bisogna assolutamente leggere l’Alighieri conoscendo la storia di quel secolo, le usanze, i tabù, il potere della Chiesa, i divieti, le chiusure etc. Solo così si comprende il grande coraggio del Fiorentino non solo nel porre gli omosessuali anche in Purgatorio, ma nell’inventare una sua “teologia”, disobbedendo al più forte dei poteri di allora, quello cattolico.
Noi crediamo che tutto sia contemporaneo, senza sapere che se oggi i gay possono sposarsi e baciarsi in pubblico, ai tempi di Dante correvano il rischio di venire puniti con la morte, ed il Poeta, come avrò modo di dirle nel nostro colloquio, azzardava forte nel metterli proprio sotto al Paradiso Terrestre e non solo in Inferno. La visione di Dante, in molte cose, scavalca i secoli, e – le dirò – va anche oltre la nostra già moderna visione del mondo.
Alla luce della modernità di Dante, qual è il suo consiglio ai contemporanei, per conoscere meglio la Commedia?
I commentatori di Dante, nei secoli, sono una schiera infinita e non è possibile a un uomo leggerli tutti: non basterebbe un’intera vita. Per cui non posso affermare con certezza che sia solo io a vedere chiaro “sotto ‘l velame de li versi strani”. Fatto è che su certi punti, si sorvola o si tace.
Anche un grande uomo politico disse: “Dante gli omosessuali li mette all’Inferno”. Non aveva letto la Commedia per intero. Non pochi sedicenti dantisti si fermano ai canti canonici, senza avere neppure il sospetto che il Poema Sacro va studiato per intero, dico per intero, perché ogni verso rimanda ad altri. Ciò che dice nel regno delle tenebre viene chiarito in quello della luce: ogni posizione e incontro e affermazione è solo un rimando; per cui i dieci o quindici canti, dei cento complessivi, se letti da soli, traggono in inganno, perché la Commedia è un giallo sui generis, la cui parola finale è detta all’ultimo canto del Paradiso e non prima.
Esattamente che parole usa Dante, nel Purgatorio, per descrivere i ‘sodomiti’ e come li accosta ai lussuriosi?
Ora, se ha pazienza, le leggo il passo testuale che descrive i sodomiti tra le fiamme del Purgatorio, nel girone dei lussuriosi; essi stanno sotto il Paradiso Terrestre come i lussuriosi dannati scontano la pena all’inizio dell’Inferno.
Siccome i due regni sono il capovolgimento geografico l’uno dell’altro, la pena minore sta al principio dell’Inferno e alla fine del Purgatorio: Dante dà poca importanza al peccato dei sensi.
Purgatorio, settima cornice, canto XXVI. Le anime che si purgano appartengono ai lussuriosi in genere, ma essi procedono in due schiere tra le fiamme, in modo opposto nei sensi di marcia e, quando si incontrano, si baciano. Una schiera è piena di ermafroditi e uno di questi dice a Dante: «La gente che non vien con noi, offese/ di ciò per che già Cesar, triunfando/ ‘Regina’ contra sé chiamar s’intese: / però si parton ‘Sodoma’ gridando…». L’omosessualità di Cesare (anzi, la bisessualità) era già nota per i rapporti sodomitici con Nicomede, re di Bitinia. Ecco, se i gay stanno anche in Purgatorio, a loro non è escluso il regno della felicità eterna.
Dante, uomo del medioevo, si distingue dal modo di pensare del suo tempo. Come si differenzia dai suoi contemporanei sul tema dell’omosessualità?
Era un “uomo del Medioevo” nel senso cronologico, non psicologico e mentale. Dante si differenzia dai suoi contemporanei per una visione diametralmente opposta a quella allora vigente. La sua apertura di vedute è immensa e quasi tutta da riscoprire.
La destinazione tra i diversi regni dell’Aldilà deriva dalla gradazione del peccato commesso o da quali altri elementi? Ricordiamo anche l’atteggiamento benevolo di Dante verso molti pagani e l’atteggiamento sprezzante nei confronti di alcuni grandi uomini di Chiesa…
Si può rispondere in due maniere: i dannati dell’Inferno hanno commesso peccati mortali e non si sono pentiti; quelli del Purgatorio peccati veniali e si sono pentiti, anche se all’ultimo momento. Inoltre, come lei afferma, l’atteggiamento benevolo verso certi pagani e anche musulmani, e il disprezzo per uomini potenti della Chiesa, Papi e Vescovi e “chierci” in genere, fa capire l’apertura mentale di Dante. Non gli interessa l’appartenenza dell’uomo, ma l’interno, il merito, la grandezza spirituale. Ma più di questo: Catone Uticense era pagano e per di più suicida, eppure è il guardiano del più cristiano dei regni? Non ci sono spiegazioni sufficienti a questa trasgressione. Ce n’è solo una, forse: l’Alighieri nutre riverenza per la grandezza d’animo e il valore degli uomini, anche se spesso è costretto a punirli secondo la visione canonica dell’escatologia.
Cosa intende esattamente Dante rispondendo a Iacopo Rusticucci: “Non dispetto ma doglia la vostra condizione dentro mi fisse”?
Significa, testualmente: “Non disprezzo, ma dolore la vostra condizione mi smuove nell’animo”. Lo stesso Virgilio suggerisce a Dante che, se non ci fosse stata quella tempesta di fuoco, lo avrebbe esortato a entrare nell’arena infuocata per abbracciarli. Erano sodomiti che in vita hanno agito altamente, sia nella politica sia nel sociale in genere.
Questo è scritto nel XVI canto dell’Inferno, ma la critica addomesticata si ferma solo al XV!
Dante considera Brunetto suo maestro di morale e pensiero civile. Possiamo considerare le sue parole un “invito alla tolleranza” e al rispetto?
La questione è complessa. Fatto sta che Dante si fa predire da Brunetto la gloria futura: se l’allievo avesse avuto in dispregio il maestro perché “pederasta”, non gli avrebbe affidato un pronostico tanto delicato e luminoso.
Dante non è tollerante sui principi fondamentali della vita e della morale. Con Brunetto lo è in quanto non considera il peccato “contro natura” una cosa decisiva, come infatti lo è con Paolo e Francesca, peccatori anch’essi d’amore (in senso di lussuria).
Perché Dante tratta Andrea de’ Mozzi con poco riguardo? Vogliamo ricordare brevemente i passaggi dedicati a questa figura, ben meno nota al grande pubblico rispetto a quella del Latini?
Andrea de’ Mozzi, come scrivo nel libro (uscito per la Società Editrice Dante Alighieri, nella collana diretta da Massimo Desideri), è disprezzato da Dante non tanto perché omosessuale, quanto perché avido di denaro, disonesto. Era Vescovo di Firenze, in una chiesa ricchissima (ma fu trasferito da Bonifacio VIII a Vicenza per motivi legati a scandali anche pecuniari).
I tre fiorentini: Virgilio suggerisce a Dante di trattarli gentilmente. La “ragione” invita Dante a non lasciarsi trasportare dal rancore verso i suoi concittadini?
L’incontro coi tre fiorentini (Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci e Guido Guerra) rafforza la mia tesi: il Poeta tratta diversamente quelli puniti per lo stesso peccato. Cosa significa se non il fatto che Dante mette in secondo piano la sodomia rispetto alle virtù dell’onestà politica e della grandezza umana?
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