Jonas Mekas Requiem. Iniziativa della Dante di Venezia per la Biennale

Si inaugura il 17 aprile, alle ore 18.30, presso la sede del Comitato di Venezia della Società Dante Alighieri (Campo della Chiesa 3, Sant’Elena), Jonas Mekas Requiem, evento che ruota attorno all’ultima videoinstallazione del regista lituano, naturalizzato statunitense, Jonas Mekas (1922 –2019). Il progetto, curato da studio FFUR, è inserito nel calendario delle giornate d’anteprima della sessantesima Biennale d'Arte di Venezia ed è realizzato con il supporto di CURA, Estate of Jonas Mekas, Lithuanian Culture Institute e Zuecca Projects in collaborazione con Apalazzo Gallery, Case Chiuse by Paola Clerico e The Brooklyn Rail. Le proiezioni continue proseguiranno fino al 21 aprile con orario 10.00-19.00.
Abbiamo intervistato per l’occasione il Presidente del Comitato, Bruno Crevato-Selvaggi.

Com’è nata la collaborazione tra il Comitato della Dante di Venezia, da lei presieduto, e la Biennale?
Francesco Urbano e Francesco Ragazzi sono due intraprendenti operatori culturali nel campo dell’arte contemporanea, che ancora nel 2008 hanno fondato lo studio FFUR – Francesco Urbano Ragazzi, che organizza mostre d’artisti contemporanei non in spazi dedicati alle mostre ma in luoghi d’uso quotidiano, proponendo così una fruizione completa dell’artista immersa nella realtà del luogo dove la mostra si offre al pubblico. Un approccio interessante, che ci ha subito colpito. Con “Francesco” (ovvero con tutti e due, omonimi) ci siamo conosciuti l’anno scorso, perché il nostro Comitato conserva un’importante collezione di dipinti di Lotte Frumi, una pittrice internazionale, d’origine cecoslovacca e attiva a Venezia, scomparsa pochi anni fa. Francesco era interessato alla possibilità d’esporre la collezione e prendemmo contatto; visitò la nostra sede e iniziò un percorso di collaborazione. La struttura comunale che ci ospita è un vasto complesso ben ristrutturato, con anche una sala polifunzionale che poteva essere adatta a mostre o eventi di ampio respiro. Non è però di nostro uso esclusivo; vi possono essere alcune difficoltà che, in questo caso, sono state appianate – nel rispetto delle norme, ovviamente – dalla disponibilità dei dirigenti comunali. La possibilità di questo spazio ha fatto sorgere l’idea di un progetto artistico che s’inserisse nell’ambito della Biennale di Venezia, ovvero uno dei massimi avvenimenti culturali in città. Tutto ciò è stato possibile grazie ad un buon rapporto e alla partecipazione anche d’istituzioni culturali lituane, oltre che di altre figure. Il nostro Comitato è sempre molto lieto di partecipare con un proprio ruolo nella vita culturale cittadina collaborando a questo evento collaterale.
Nei fatti, l’evento s’inserisce nelle giornate d’anteprima della Biennale di quest’anno, con quattro giorni di proiezioni continue del film Requiem di Jonas Mekas nella nostra sede, a pochi minuti a piedi dalla sede centrale della Biennale.

Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere è il titolo individuato per la 60° edizione della mostra internazionale, quasi a voler sottolineare come la dimensione dell’“estraneo” sia connaturata ai nostri tempi.  In che modo il Comitato si pone in relazione con questo tema?
La dimensione dell’estraneo, credo, non è connaturata ai nostri tempi, è una situazione che attraversa tutte le epoche e le culture: la storia ce ne offre innumerevoli esempi. Oggi (ma non solo oggi), è ben noto, è particolarmente sentita. Il nostro Comitato riflette quella che, credo, sia lo spirito di tutta la Dante. Nel riconoscimento delle diverse culture e specificità (la nostra missione è lo studio e la diffusione della lingua e della cultura italiana) per noi l’“estraneo”, l’immigrato, lo studente, il cittadino non italiano che abbia desiderio o necessità di conoscere o approfondire la lingua e la cultura italiana è il benvenuto, come testimonia tutta la nostra attività, come i corsi di lingua italiana che offriamo agli interessati, gratuitamente agli immigrati. 
Il nostro ciclo “Le frontiere dell’italiano”, ovvero conferenze che illustrano come la lingua e la cultura italiana sono accolte o conosciute oggi in diversi paesi del mondo, ne è un altro esempio. Mostra quando, in un obbligato rovesciamento di prospettiva, lo straniero siamo noi. Il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, per Stranieri Ovunque ha dichiarato: “Due parole potenti e “scandalose” che spalancano scenari attuali e universi possibili, su cui non pesa il pregiudizio del già conosciuto”. Trovo molto interessante l’immagine del “pregiudizio del già conosciuto”: che c’è di più arricchente che aprirsi al nuovo e allo sconosciuto, dalla poesia alla scienza all’arte alla cucina?
E aggiungerei: Venezia – lo dico spesso – ha una storia così straordinariamente (e spaventosamente) universale che qui non ci sono stranieri.


Perché è stato scelto il progetto Requiem?
Jonas Mekas, l’artista del film che presentiamo, era nato in Lituania nel 1922. Durante la guerra fu imprigionato in Germania, scappò, poi studiò in Germania, emigrò negli Stati Uniti. Certo, un Foreigner Everywhere. “Francesco” si era già occupato di lui, che peraltro conosceva, frequentava e amava (come si fa a non farlo?) Venezia. 
Mekas è sempre stato un filmmaker indipendente, realizzatore e teorico, e Requiem è stato il suo ultimo prodotto. Di fatto, il suo addio alla vita, realizzato tra il 2018 e gli inizi del 2019 per il centro d’arte The Shed di New York, subito prima di morire. 
L’abbiamo scelto perché non solo il film è realizzato sulle note di Verdi, ma anche e soprattutto perché è un omaggio a Dante! 
Dante, infatti, il “ghibellin fuggiasco”, è stata una presenza costante nell’opera di Mekas: l’idea dell’esule (come era egli stesso) e soprattutto la visione dell’inferno e quella salvifica del paradiso ha segnato la carriera artistica di Mekas. In Requiem vi sono riprese che propongono una statua di Dante: un messaggio e un omaggio del tutto esplicito.
Insomma, uno dei tantissimi ingegni, in tutti i tempi e in tutti i paesi, che nel suo percorso di vita è stato folgorato da Dante.


Mekas, Dante, Verdi, Manzoni. Qual è la linea sottile che unisce il regista e poeta lituano a questi pilastri della cultura italiana?
Mekas, costretto ad abbandonare la propria terra giovanissimo, ha trovato nel cinema, nell’arte e nella poesia il proprio paese di appartenenza. Il suo vissuto di esule, la sua ricerca della felicità e della natura, e una certa vena romantica lo hanno portato a sentire una comunanza di valori con i grandi rappresentanti della cultura italiana. Prima di tutto, come ho già detto, con Dante, che è stato un fil rouge nell’opera di Mekas. La sua vena romantica lo ha poi portato ad apprezzare l’Ottocento italiano, dove Verdi e Manzoni giganteggiano. L’operazione artistica di collegare Dante con Verdi è ardita ma non peregrina: è la chiusura di un enorme cerchio che racchiude la grande cultura italiana di mezzo millennio e ne unisce idealmente due momenti storici cardine, dall’inizio al compiersi della lingua sino all’unità anche politica. La maestosa efficacia, poi, della musica di Verdi si accompagna con molta semplicità alle immagini del percorso dantesco.

Nell'idea dei curatori della mostra, Francesco Urbano Ragazzi, si intuisce la volontà di legare la valenza universale del progetto Requiem alla città di Venezia e alle sue specificità. Quali suggestioni ne sono scaturite?
Credo che la cosa migliore per rispondere a questa domanda sia chiederlo a “Francesco”. Così ho fatto, ecco la “sua” risposta: “Requiem di Jonas Mekas è un lungometraggio, i cui protagonisti principali sono le piante e i fiori. Portare questo universo vegetale a Venezia, e nella verdeggiante isola di Sant’Elena, espande l’esperienza dell’opera d’arte verso territori di scoperta al di fuori dello schermo e invita così lo spettatore a guardare oltre un’antropocene turistica. La Società Dante in questo senso è più di un padiglione della Biennale: è una scuola per stranieri, per essere stranieri”. 
Da parte mia, la suggestione principale è stata l’esperienza di due immersioni. La prima, molto coinvolgente, della realtà fisica della proiezione: due schermi sincronizzati, un veloce susseguirsi d’immagini fra loro molto diverse (sereni ambienti floreali alternati a cupe immagini belliche) in uno spettacolo completo con l’audio. La seconda immersione, forse ancora più toccante, è stata nel mix culturale: la mescolanza di un artista nordeuropeo poi statunitense, che nella vita ha sempre sperimentato nuovi linguaggi, con la musica ottocentesca (la grande potenza di Verdi!) il formarsi dell’italiano d’oggi grazie a Manzoni e la grande potenza evocativa dantesca. 
Ma anche qui, suoni in presa diretta interrompono il fraseggio classico per inserire lo spettatore in una realtà nuova, su cui meditare. Il tutto, a Venezia, in un luogo d’antica storia, disteso fra terra e mare e partecipe di ogni esperienza. 
In fin dei conti, come dice “Francesco”, “questo non è uno spettacolo. È una passeggiata”


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