Le parole della libertà

La libertà è fatta anche di parole e tra i diritti fondamentali del mondo civile c'è quello di servirsi della propria lingua madre per comunicare. Le parole possono essere strumenti per l'autodeterminazione, l'educazione o trovare un rifugio. Nell'autobiografico Les mots Jean Paul Sartre racconta la fuga dall'indifferenza dei coetanei tra le pagine dei libri, da bambino.

Le parole di un racconto sono a volte capaci di varcare la percezione individuale e realizzare un racconto collettivo: così accade nell'esperienza di molti testimoni della Shoah, tra i quali Primo Levi con la "marmoreità" della sua prosa breve e lapidaria  (Mengaldo). Aldo Masullo spiegava che il λόγος (lògos) "non solo è pensiero, ma è pensiero vissuto. Altrimenti la ragione non sarebbe il manifestarsi né, tanto meno, la libertà". Ragionare della libertà è un modo per essere liberi e questo può significare il bisogno di allontanare certi ricordi o la necessità di trasmetterli agli altri, di non perderli, di trovare come esprimerli con le parole.
Dal nuovo libro di Edith Bruck, nata ungherese e naturalizzata italiana, emerge la volontà di trasferire la propria esperienza testimoniandola anche ai più giovani. Questa è una delle ragioni per l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferita alla Signora Bruck dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Quando nel 1945 la quattordicenne ungherese Edith Bruck esce dal campo di Bergen-Belsen in Germania, dopo un anno passato in diversi campi di concentramento in cui ha perduto i genitori e un fratello, ha una vita da costruire. Il suo “Il pane perduto”, pubblicato nel gennaio di quest’anno da La nave di Teseo, è il racconto di questa vita da sopravvissuta e testimone, delle esperienze che l’hanno portata prima in giro per l’Europa, poi in Israele e infine a stabilirsi in Italia, dove vive da oltre sessant’anni (dal 1954).

A Roma ha trovato la lingua della sua libertà espressiva: "Ci vorrebbero parole nuove, anche per raccontare Auschwitz, una lingua nuova, una lingua che ferisce meno della mia, natia". Lo scrive nel libro Pane perduto, edito dalla Nave di Teseo e candidato al Premio Strega 2021 da Furio Colombo ("un bel libro su una storia atroce: una contraddizione impossibile che lo fa ancora più grande").

Il libro sarà presentato l'11 maggio alle 17.30 dalla Società Dante Alighieri, su dante.global e su Facebook, per la rassegna #PaginediStoria. Con l'Autrice, il Presidente della Dante Andrea Riccardi e il Segretario generale Alessandro Masi.

Il pane perduto La Nave di Teseo 2021 1
Edith Bruck si consegna al lettore con una narrazione semplice, lucida e talora poetica,. Scrive anche per non smettere di ricordare: “Al primo segnale di un’improvvisa amnesia, che per chiunque sarebbe stata normale, anche per l’età, io restai senza fiato”. Si esercita sulla memoria documentando dettagli apparentemente minimi, ma scanditi in una lingua straniera e dunque in qualche modo "distante". Una lingua che forse protegge, se lascia trapelare un vago senso di distanza: "Per la prima volta il mio tredicesimo compleanno è stato festeggiato con una torta, ma la mamma ancora sospirava per il pane perduto".

Il pane rimasto a casa durante il rastrellamento della famiglia era capace di togliere la fame, necessario come la libertà. La mamma lo aveva impastato con la farina donata dalla vicina, Lidi. Con quel pane si perde anche una forma di appartenenza, che al suo ritorno a Bratislava nel 1946 Bruck non troverà più. C'è solo "un andirivieni continuo di gente dall’aria persa, che, come me, non sapeva cosa fare della propria vita e come ricominciare a vivere. Non si trovavano più bene né con se stessi né con gli altri: qualcosa si era spezzato, qualcosa era cambiato definitivamente nelle nostre vite".

Dopo l'approdo a Roma, ci vorrà una lingua nuova per scegliere di raccontarsi e ricominciare. Una lingua capace di accogliere, come una casa, l'Autrice la scopre iniziando con la parola "ciao": "me l’aveva detta la ragazzina che stava pulendo la mia stanza; 'ciao' le avevo risposto e lei aveva sorriso della mia pronuncia della 'o'."

Leggi anche il comunicato stampa 

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