L’Istituto Tutela Produttori Italiani è una delle organizzazioni destinate a proteggere e promuovere le imprese che realizzano la loro intera produzione sul suolo nazionale. La cronaca sottolinea spesso l’importanza di conoscere la provenienza degli alimenti e l’origine delle materie prime in modo inequivocabile, soprattutto grazie alle etichette. Per garantire la qualità del “made in Italy”, esistono disciplinari e codici etici come quello varato da ITPI. Ma che cosa è esattamente il “made in Italy”? Oltre ad avere la funzione di segnalare provenienza, è un marchio a tutti gli effetti. Secondo KPMG era il terzo più riconosciuto nel mondo dopo Coca Cola e Visa nel 2012 e per Brand Finance, nel 2020, è sceso al decimo posto mondiale per immagine e reputazione considerando cento nazioni principali. Il valore è comunque ragguardevole, oltre 2.000 miliardi di euro e si tratta senza dubbio di una delle cosiddette “leve di ripartenza”. Dal 1999 ITPI protegge il Made in Italy con la certificazione del prodotto “100% made in Italy” e attraverso un apposito Codice Etico, tra le iniziative pensate in modo “da aiutare le nostre imprese a trovare clienti fuori dai confini nazionali”. Il direttore di ITPI Nazzareno Vita ha dichiarato a ANSA che per aderire al Codice etico “bisogna innanzitutto produrre interamente in Italia, che è il primo requisito, a cui se ne aggiungono altri tre, che sono: massima tutela del consumatore, tutele assolute per addetti e collaboratori, massimo rispetto per l'ambiente, inteso quindi come prodotto finale eco-sostenibile”. La disciplina delle produzioni italiane è un impegno per tutti, soprattutto mentre la crisi pandemica produce i suoi effetti e si rischia di “allentare la presa” sulla qualità, esponendo le aziende che producono in Italia a difformità capaci di minare la fiducia dei pur affezionati consumatori. Anche da qui riparte il Sistema-Italia.
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