"A occhi aperti, le origini della Dante"

A occhi aperti: le origini della Società Dante Alighieri

di Valeria Noli | Chiose, Libri

La Società Dante Alighieri guarda al futuro, nella consapevolezza di un passato in cui molte generazioni si sono impegnate a tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane, in tutto il mondo. Palazzo Firenze, già sede della Legazione del Granducato di Toscana presso lo Stato Pontificio, in piazza di Firenze n. 27, è la sede centrale della Società dal 1928.

E’ da allora che nella piazzetta romana di Campo Marzio l’istituzione opera per l’italofonia e per l’identità culturale italiana. Il libro Storia della Società Dante Alighieri. Le origini, di Giovanni di Peio ha interrogato le fonti dell’archivio storico della Dante per ricostruire i moventi che hanno portato alla fondazione dell’ente.

Le origini della Dante

Il libro tratteggia i principali passaggi storici nei primi anni della Dante Alighieri, sullo scorcio finale dell’Ottocento. Erano tempi in cui, sotto la presidenza dei risorgimentali Ruggiero Boghi (1890-1895) e poi di Pasquale Villari (1896-1903), l’attenzione era dapprima rivolta alle terre “irredente”. Ma quasi subito la prospettiva cambiò, per integrare un nuovo elemento. Da allora, l’azione della Dante sarebbe stata profondamente marcata dalla questione degli emigrati, la diaspora italiana.

Nel 1889, Trentino e Venezia Giulia si trovavano oltre il confine «stabilito dopo la III guerra d’indipendenza, e quindi sotto la dominazione dell’Impero austro-ungarico. In queste terre,» recita il libro «la nostra lingua, ampiamente diffusa soprattutto nelle città, subiva la pressione di quella tedesca e di quelle slave, favorite dal governo imperiale».

La questione linguistica ebbe da subito un grande rilievo. In quelle terre c’erano italiani e secondo il discorso inaugurale del I Congresso della Dante (Roma 1890) nel territorio austro-ungarico erano 668.653. Una pubblicazione austriaca di metà secolo enumerava gli «italofoni nella città di Trieste e nel suo territorio, passati dal 57,94% del 1847 al 73,76% del 1880, a Gorizia e Gradisca erano cresciuti dal 32,28 a 35,64; in Istria dal 32,46 al 39,66».

A loro si rivolgevano associazioni come la “Pro Patria”, sciolta dal governo austriaco sotto il sospetto -motivato- che avesse mire irredentistiche. Così, alla sua nascita, anche la Dante Alighieri non era vista di buon occhio dalle autorità austriache e seppure l’interesse si fosse spostato sugli emigrati, negli anni iniziali le difficoltà non furono poche. Il saggio di  Di Peio, per richiamare le svariate contrapposizioni vissute dai vertici della Società, si avvale di citazioni tratte essi (i più politici), aneddoti documentati sulle prime azioni culturali dell’istituzione – come l’istituzione di scuole o le celebri “biblioteche di bordo” create da Benedetto Croce sui piroscafi che portavano gli italiani in America – e scambi epistolari con il mondo della politica e della cultura.

Questo scenario dona profondità all’inaugurazione dell’importante monumento a Dante, a Trento, nel 1893. A questa occasione risale anche l’ode di Carducci Per il monumento di Dante a Trento, inviata al presidente del Comitato di Trento Guglielmo Ranzi.

In quegli anni si trovano, infine, le ragioni più profonde della Dante e diverse opportunità per riflettere sul futuro della Società. Il legame tra cultura e lingua, la presenza degli italiani nel mondo, la creazione di una rete di italianità sono moventi che si sono infatti dipanati fino ai giorni nostri. Conoscere il passato è fondamentale, se si vuole guardare al futuro consapevolmente, tenendo sempre gli occhi bene aperti.

 

L’immagine in evidenza è un dettaglio di un verbale del comitato provvisorio promotore della Società, risalente al marzo 1889, con i nomi dei partecipanti

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