E tu, in che lingua cucini?

 Come abbiamo ascoltato, durante il regime fascista venne imposta un’italianizzazione delle parole straniere che già da tempo erano entrate nella nostra lingua per indicare dei prelibati prodotti culinari. Ad esempio, per iniziare dalla colazione, il francesissimo croissant è stato sostituito con cornetto, il tedesco krapfen (etimologicamente “uncino” per la sua forma arcuata) è stato tramutato nella bellicosa bomba (o più di recente bombolone) e la delicata brioche è diventata una brioscia o brioscina.

Oggi ci fa sorridere che per ordinare un classico toast avremmo dovuto chiedere un pantosto, selezionando la nostra farcitura preferita dalla lista, e giammai dal menu! Passando alle portate principali, non solo fu bandito il carré di vitella (francesismo derivante dal lat. quadratus) per dare spazio alla lombata, ma anche il goulasch, sostituito dallo spezzatino all’ungherese. Dulcis in fundo, i dessert divennero fin di pasto, irrimediabilmente gustati sorseggiando un bel bicchiere di sciampagna fresco.
Al giorno d’oggi, invece, il lessico culinario, come le nostre tavole, ama l’internazionalità arricchendosi di parole, prodotti e metodi di cottura direttamente importati dall’estero. Si sperimentano anche nuovi abbinamenti, come ci dimostra la cosiddetta cucina fusion, che “fonde esplicitamente differenti tradizioni culinarie”; ne sono un esempio, tra i molti, i nomi delle varie catene di ristoranti che abbinano la cucina giapponese a quella messicana, come El Tacomaki, Temakinho, Sushi burrito, Japonito, ecc. Nei loro nomi ritroviamo Tacos e burrito, che sono due tipiche pietanze messicane, come lo stesso el che è l’articolo determinativo maschile singolare in spagnolo, i suffissi diminutivi -inho  e -ito che sono rispettivamente propri del portoghese e dello spagnolo, mentre i maki e i temaki sono varietà di sushi, il tradizionale piatto giapponese a base di pesce e riso.
I menu contemporanei sono, poi, ricchi di tartare di carne o pesce (tra gli antipasti più in voga del momento), ossia del piatto francese che riprende il proprio nome dal popolo dei Tartari, gruppo etnico turco proveniente dall’Europa orientale, ma non mancano gustose salse come il messicano guacamole (a base di avocado) o l’hummus di ceci mediorientale. Nei cosiddetti foodtruck (le “apette” che distribuiscono cibo d’asporto) se ormai trovare un hot dog o del kebab è un classico, sicuramente i bagel “ciambella di pane farcita” (il cui nome è un adattamento dello yiddish beygel) rappresentano una novità, assieme all’hawaiano poke, parola indicante “pesce crudo accompagnato con frutta, verdura o riso”. È ormai diventata esperienza comune sapere che un tataki di tonno con salsa teryaki è una sorta di tagliata scottata con semi di sesamo e salsa a base di soia, oppure che la presenza del crumble nella descrizione di un dolce ce lo farà arrivare ricoperto di gustose briciole di pasta frolla, come insegna la migliore tradizione britannica… insomma, oggi ce n’è davvero per tutti i gusti e soprattutto per tutte le lingue, nessuna esclusa. E voi, in che lingua cucinate?

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