La nuova edizione del RIM - Rapporto italiani nel mondo è stata presentata al pubblico e alla stampa lo scorso 8 novembre. La pubblicazione è curata dalla Fondazione Migrantes, un organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana. Pubblicata da Tau Editrice, fotografa il quadro delle emigrazioni italiane, evidenziando le tendenze più rilevanti di questo fenomeno.
Il Rapporto descrive con dettaglio i numeri, le provenienze e le destinazioni delle italiane e degli italiani che decidono di lasciare l'Italia e indaga le ragioni che li spingono a farlo, aprendo riflessioni interessanti anche sulle politiche o i cambiamenti della società che potrebbero indurli a tornare.
Sono quasi 6 milioni gli italiani iscritti all’AIRE, l’anagrafe degli italiani resistenti all’estero, ovvero un decimo dell’intera popolazione. L'incremento di questo numero, costante negli ultimi anni, vede circa 100 mila emigrati ogni anno. Il 75% di chi è espatriato nel 2022 si è trasferito in un altro Paese europeo in una percentuale molto alta (oltre il 50%) che proviene dal Nord Italia, diversamente da ciò che accadeva fino a qualche anno fa.
Questa mobilità evidenzia alcune difficoltà del sistema sociale italiano e ne costruisce di nuove: se da un lato precarietà e disparità di genere nel mondo del lavoro, povertà e povertà giovanile sono alcuni dei fattori che determinano la scelta, mai facile, di lasciare il proprio paese in cerca di migliori condizioni altrove, dall’altro lato la partenza di un numero così alto di persone rischia di pregiudicare la tenuta del sistema previdenziale nei prossimi anni.
Un loro ritorno è possibile? Sono tanti coloro che vorrebbero rientrare, ma le sole politiche fiscali adottate negli ultimi anni non sono bastate a richiamarli: per indurli a cambiare così radicalmente e di nuovo la loro vita, le prospettive economiche e sociali dovrebbero apparire più rassicuranti e valorizzare l'esperienza di migrazione sul lavoro e sulle relazioni.
Alle ragioni di ordine economico che sono alla base del fenomeno delle emigrazioni si aggiungono poi ragioni di ordine culturale, tra cui la percezione dell’Europa intera come spazio di scambio e mobilità, di crescita e di sviluppo. Lo testimonia l’importante contributo che gli italiani offrono nei contesti in cui si trovano a operare, l’alta natalità che si registra nelle famiglie a cui danno vita, l’assenza di ogni sentimento di rifiuto per il Belpaese, di cui diventano invece testimoni.
Le comunità di italiani all’estero sono uno strumento di soft power e diffondono ovunque i valori, i tratti culturali e la caratteristica simpatia associata all'italianità, a partire dalla lingua. Il rapporto non manca di evidenziare che esistono nel mondo circa 100 testate italiane in 25 paesi che si rivolgono non solo ai 6 milioni di italiani emigrati ma anche agli 80 milioni di oriundi.
A questi ultimi si rivolge inoltre la politica strategica del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale che punta a valorizzare il turismo delle radici. Si tratta dell’attrattività che l’Italia può esercitare, anche nei suoi territori più interni, sui discendenti di chi da quei posti è partito tanti anni fa. Tornare sui luoghi delle proprie origini non è solo un modo per aiutare lo sviluppo locale, per ricostruire la memoria familiare e della comunità, ma anche per ricollegarsi con la cultura di origine.
All’evento di presentazione del Rapporto, aperto dal messaggio di saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e da quello del Ministro degli esteri e Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani e dal saluto in video del commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni, hanno preso parte il Presidente della CEI il card. Matteo Zuppi, il Presidente dell’ISTAT Francesco Maria Chelli, il sociologo Mauro Magatti, il direttore di 9 colonne Paolo Pagliaro, il Presidente della Fondazione Migrantes mons. Gian Carlo Perego e la curatrice del rapporto, la sociologa Delfina Licata.
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