Dante era in tutto e per tutto un uomo del suo tempo, il Medioevo, e ce lo testimonia anche il sincretismo che troviamo nella Commedia. Ma cosa vuol dire questa parolina difficile e poco nota? Vuol dire “contaminazione di una cultura o di una religione con gli elementi di altre, differenti”. Il termine deriva dal greco σύν «con, insieme» e Κρήτη «Creta» e quindi “coalizione di cretesi”, perché sembra che fosse difficile far andare i cretesi d’accordo e molto più frequente vederli in lotta fra loro.
Emblema di questo sincretismo è sicuramente la derivazione, in parte greca (quindi pagana) e in parte cristiana, delle figure demoniache che Dante incontra nell’inferno: il poeta le ha estratte dal pantheon della mitologia classica connotandole però come creature diaboliche, perché in relazione con Lucifero, e abbinandole alle diverse parti dell’inferno in base alle loro caratteristiche. È il caso di vari personaggi già descritti da Virgilio nell’Eneide, come Caronte, il traghettatore delle anime, e Minosse, il giudice dei dannati e re di Creta, figlio di Giove ed Europa. Vi si aggiungono Cerbero “la fiera crudele e diversa” che sorveglia il girone dei golosi (raccontato anche da Virgilio e Ovidio), Pluto (divinità classica della ricchezza) custode di avari e prodighi, Flegiàs (che nel mito diede alle fiamme il tempio di Delfi) a sorveglianza della palude stigia, le Erinni e la Medusa all’ingresso della Città di Dite.
Proseguendo la nostra lista, troviamo i diavoli delle Malebranche, ossia “brutte zampe”, che Dante incontra nelle Malebolge (forse un calco del Malebouche del Roman de la Rose) e che sono invece creature tutte medievali; in parte umane, in parte diaboliche e grottesche, emblema di baratteria e frode. Ѐ Dante stesso a coniare i loro nomi attingendo a caratteristiche malvagie e buffe allo stesso tempo: Malacoda, Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco (unione di Libeccio e Scirocco), Draghignazzo, Ciriacco (dal greco koiros “porco”), Graffiacane, Farferello (dal francese farfadet “folletto”), Rubicante (dal latino ruber “rosso”).
Torniamo alla classicità rivisitata, va specificato che per Dante (proprio per il sincretismo di cui abbiamo parlato) si trattava di tutti personaggi storicamente esistiti: per fare qualche altro esempio, citiamo il Minotauro, mostro bifronte nato dall’unione di Pasifae con un Toro, che l'Alighieri mette a sorveglianza dei gironi dei violenti; i centauri (per metà uomini e per metà cavalli); Gerione, che nella mitologia greca era un crudele re occidentale descritto come tricorporeo, e che Dante immagina con un solo corpo ma di tre nature: leone, serpente e scorpione. Aggiungiamo all’elenco anche i giganti, due su tutti Anteo, figlio della Terra e di Poseidone (ucciso da Eracle durante una delle sue “fatiche”), che il poeta non incatena assieme agli altri perché non partecipò alla lotta contro gli dei dell’Olimpo (atto estremo di superbia) e Nembrot, personaggio biblico e primo re di Babilonia, punito per aver tentato di raggiungere Dio facendo costruire la torre di Babele. Chiarissimo è il sincretismo in quest’ultimo caso: mitologia classica e il libro della Genesi messi sullo stesso livello!
Per concludere in bellezza (e mostruosità), non c’è dubbio che si debba chiamare in causa la figura di Lucifero, altro emblema di sincretismo. Il suo nome latino significa “portatore di luce” ed è lo stesso assegnato al pianeta Venere, il più luminoso del sistema solare. La sua storia di angelo ribelle che si oppose a Dio, e per questo precipitò nell’inferno, non è ben raccontata nell’Antico Testamento, ma ne troviamo accenni sia da parte del profeta Isaia (VIII a.C.) che di Ezechiele (VI a.C.). È chiamato anche Satana, “l’avversario”, epiteto che in entrambi i libri era stato attribuito a volte ad un angelo che in sede di giudizio accusava gli uomini davanti a Dio, e altre al serpente che istiga Eva o all’ispiratore del tradimento di Giuda. Dai primi secoli della cristianità ad oggi, entrambi i nomi sono associabili ad un terzo: il diavolo. Si tratta del greco διαβολος “divisore, calunniatore”, che allontana l’uomo da Dio. Sarà un caso che Il Maligno abbia proprio tre nomi, come i tre volti con cui Dante lo rappresenta nella Commedia, in contrapposizione perfetta alla Trinità? Chissà… ma questa è un’altra storia.
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