Il Cantico delle creature, testimone di lingua e gioiello di poesia

Nel tortuoso percorso che ha portato alla formazione dell’italiano a partire dal latino, c’è una tappa su cui vale la pena soffermarsi per diverse ragioni. Innanzitutto, per fruire di un momento di poesia altissimo, che conquista l’animo grazie alla sua bellezza semplice e capace di dare adito a riflessioni profonde sul mondo, la vita e l’essere umano.
Stiamo parlando del celebre Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi: un testo sì religioso, ma che celebra Dio attraverso l’amore per la natura, descritta come perfetta in tutte le sue manifestazioni. Un messaggio universale che arriva al lettore anche grazie alla scelta di un linguaggio limpido, privo di orpelli, sincero, puro.
Un aspetto non di poco conto, quest’ultimo, poiché in effetti si parla di uno dei primi testi letterari italiani di cui si ha traccia, composto più di ottocento anni fa, eppure nonostante la patina umbra, ancora perfettamente leggibile e comprensibile.
Vorremmo sollecitare a tale proposito una riflessione, senza entrare in tecnicismi non adatti a questa sede. Come sappiamo, infatti, all’epoca in cui scrive Francesco, ovvero nella prima metà del Duecento, non c’era l’Italia con i suoi confini per come li conosciamo oggi, così come non c’era ovviamente nemmeno l’italiano, che si è formato in modo ufficiale come lingua nazionale molto tardi.
È tuttavia innegabile che il Cantico delle creature testimoni l’esistenza di una lingua comprensibile non solo a distanza di tempo – centinaia di anni – ma anche attraverso lo spazio: Francesco ha infatti predicato in tutta la penisola, la sua preghiera doveva perciò essere accessibile a tutti. Insomma, un nucleo di italiano nazionale già presente a quell’altezza cronologica.
Alla luce di quanto detto, prendiamoci ora dunque qualche momento per rileggere questo piccolo capolavoro di semplice perfezione.

 

Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui; et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che 'l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali.
Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate et benedicete mi' Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate

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