La stretta correlazione tra l’apprendimento scolastico e la crescita economica di un Paese è un dato innegabile, tanto che il valore dell’istruzione è considerato, in molti stati, come leva centrale dello sviluppo di un popolo.
L'istruzione ha un ruolo centrale nel consentire ai cittadini di acquisire le conoscenze, le competenze e le qualifiche necessarie per contribuire attivamente allo sviluppo sociale, culturale ed economico del proprio paese.
Tuttavia, in Italia, il fenomeno della dispersione scolastica resta ancora oggi un problema persistente nel sistema della scuola pubblica, che si verifica con la mancata o irregolare fruizione dell'istruzione da parte di ragazzi e ragazze in età scolare, fenomeno dalle cause molteplici e complesse che incidono pesantemente sui costi per l'istruzione, oltre che sui bilanci delle famiglie e della collettività.
Ogni insuccesso scolastico è un fallimento collettivo, prima ancora che individuale, con ricadute pesanti che possono assumere forme più o meno gravi di “esclusione” capaci di segnare l’intera esistenza del ragazzo o della ragazza vittima di percorsi scolastici spezzati.
Quanto fosse importante l’istruzione per lo sviluppo di un popolo era molto chiaro alla RAI che già nel 1960, con la trasmissione Non è mai troppo tardi, ha insegnato a scrivere e a leggere ad almeno un milione di italiani. Chi non ricorda il “maestro degli italiani”, Alberto Manzi, insegnante, pedagogista e autore del programma televisivo che dal 1960 al 1968 fu un vero e proprio corso di alfabetizzazione e di recupero delle persone semianalfabete.
Ma l’idea che la scuola potesse raggiungere gli scolari direttamente nei loro contesti di vita quotidiana, non si è fermata con la scuola della televisione.
Con varie formule, più o meno innovative e creative, tanti progetti hanno sviluppato l’idea di un’istruzione di “prossimità”, fuori dagli edifici scolastici, normalmente preposti all’educazione dei propri cittadini e cittadine, in età scolare e non.
Una delle esperienze più note viene da Napoli.
Il progetto Chance - scuola pubblica di seconda occasione, nasce nel 1998, con Marco Rossi-Doria, maestro elementare che ha insegnato nei quartieri difficili di Roma, Napoli, negli Stati Uniti, in Kenya, in Francia, primo maestro di strada, esperto dei processi di apprendimento e di politiche edicative di inclusione.
Successivamente, il progetto è passato alla guida di Cesare Moreno, anche lui tra i fondatori, che lo dirige ancora oggi.
Il progetto Chance si sviluppa come misura di contrasto alla dispersione scolastica, con i maestri di strada che, restituendo a centinaia di giovani la speranza di avere un’altra possibilità per non rimanere “esclusi”, sono pronti a sostenerli nei loro personali percorsi di crescita, fuori dalle aule scolastiche.
Il punto centrale è l'educazione dei giovani, e soprattutto dei “dispersi”. I Maestri di Strada lavorano ad accogliere nuovamente nei processi sociali e di cittadinanza le ragazze e i ragazzi a rischio dispersione scolastica che, per vari motivi, non hanno potuto partecipare alle occasioni già offerte dalle istituzioni scolastiche e sociali, proponendo loro forme di educazione ed istruzione alternative.
In concreto, i maestri di strada progettano e realizzano azioni educative finalizzate a sostenere un’idea di scuola adeguata alla complessità della vita sociale attuale, fornendo sostegno ai giovani nelle fasi di transizione scolastica, sociale e di ruoli, quando l’identità ed il sé sono messi maggiormente in forse.
Dal 1998 ad oggi tante cose sono accadute.
Il modello è stato replicato e adattato ai differenti contesti territoriali, diffondendosi in molte metropoli, da New York a Manila, da Rio de Janeiro a Città del Messico, modello che ancora oggi è in costante evoluzione.
I progetti dei “Maestri di strada” insieme ai patti con il territorio, alle ricerche scientifiche, alla formazione dei docenti puntano ancora a ripensare il rapporto scuola-studente per una reale trasformazione educativa che faccia crescere i giovani come cittadini attivi e agenti di sviluppo della convivenza civile, soprattutto in contesti difficili, per dimostrare che c'è un'alternativa possibile e che la cultura e l'educazione hanno una valenza fondamentale nei percorsi di crescita. Attraverso la cura del sé e delle relazioni umane, la ricerca o il ripristino della bellezza anche nei contesti e nelle situazioni più difficili, si rigenera la capacità di sognare insieme e aspirare a un mondo migliore.
Ma siamo sicuri che l’approccio dei maestri di strada sia valido solo per i contesti difficili?
Le sfide cui la scuola, oggi, è chiamata a far fronte sono molteplici e complesse. Non è più sufficiente fornire competenze, assegnando un potere risolutivo alla conoscenza, per esempio delle lingue straniere (inglese in primis) o all’informatica, con i relativi sviluppi legati alla digitalizzazione.
La scuola italiana moderna è chiamata a formare nuove generazioni capaci di affrontare le difficoltà globali che si profilano all’orizzonte; a ricostruire un senso autentico di cittadinanza e di comunità; a riconoscere i valori comuni del vivere civile; a salvaguardare il creato; a tutelare il patrimonio culturale e artistico, naturalmente a partire dalla memoria storica e garantendo nuove forme di integrazione dettate dai movimenti migratori, nel rispetto dell’universalità dei diritti umani.
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