Parlando di montagna, non si può non accennare alla parola ghiacciaio, ossia “l’accumulo stratificato di ghiaccio dovuto al deposito della neve in un bacino d’alta quota, che accoglie più neve di quanta se ne sciolga”. Pensate che i ghiacciai rappresentano le più grandi riserve d’acqua dolce del pianeta, principalmente conservate in Groenlandia e Antartide: ma anche in Italia abbiamo dei begli esempi dei cosiddetti ghiacci continentali! I più grandi della Penisola sono collocati nei grandi massicci alpini, come il Monte Bianco, il Monte Rosa e il Gran Paradiso, per un totale di circa 903 unità, come ci suggerisce il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, curato dal Comitato Glaciologico Italiano e dal Gruppo di Ricerca Glaciologia dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con il CNR. La Valle d’Aosta si aggiudica la menzione di regione più glacializzata, con il suo 36% di superficie coperta dai ghiacci, mentre il maggior numero di ghiacciai si trova in Lombardia.
Purtroppo, sembra proprio che la crisi climatica – con il conseguente aumento delle temperature – stia causando lo scioglimento di questi ambienti, tanto che lo studio citato sopra ne segnala una riduzione areale del 30% circa negli ultimi cinquant’anni. Per fare un esempio concreto della gravità del fenomeno, a luglio del 2022 la cronaca ha denunciato il distacco di 64 mila tonnellate di ghiaccio dalla sommità del ghiacciaio della Marmolada, che crollando hanno investito 18 persone, uccidendone 11. La causa è stata innegabilmente riscontrata nell’aumento delle temperature (11 C° in quota al momento del crollo), che nei mesi precedenti avevano superato gli standard anche di 4 C°. Tutt’oggi gli scioglimenti e i crolli sono all’ordine del giorno in tutto l’arco alpino, tanto da destare grande preoccupazione sia per il turismo sportivo sia per la vita degli autoctoni. A proposito, quest’anno il Comitato Glaciologico Italiano, assieme a Greenpeace, ha pubblicato l’interessante rapporto Giganti in ritirata: gli effetti della crisi climatica sui ghiacciai italiani, uno studio condotto sul ghiacciaio di Forni (Parco nazionale dello Stelvio) e quello del Miage (Valle d’Aosta), corredato da impressionanti fotografie di confronto dall’Ottocento ad oggi: due dei più estesi ghiacciai alpini italiani sono inevitabilmente in sofferenza per via delle temperature estreme.
Tra le parole da conoscere nell’ambito dei ghiacciai, c’è sicuramente il termine permafrost. Si tratta di un termine di derivazione inglese, composto di permanent “perenne” e frost “gelato”, nato in geologia nel 1943, che indica “la roccia o lo strato di terreno perennemente gelato (al di sotto di zero gradi Celsius per almeno due anni) che si trova nel sottosuolo o sulle pareti alle alte latitudini (oltre i 2600m)”. A causa del vertiginoso aumento delle temperature globali, i rischi che lo riguardano sono due: il primo è quello dello scioglimento degli strati superficiali di permafrost, che potrebbe causare frane di pareti rocciose contenenti acqua congelata, oppure instabilità del terreno e conseguente crollo di edifici, oleodotti, strade ecc. Il secondo rischio, invece, è quello del rilascio di una grande quantità di gas serra presente in questi terreni, conseguentemente al loro scongelamento. Insomma, è davvero urgente riflettere su quanto un elemento apparentemente così innocuo possa detenere un potere così grande rispetto all’equilibrio globale e alla salute nel nostro Pianeta.
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