Un futuro contemporaneo

Non ci sorprende più trovare cultura e tecnologia affiancate nel mondo digitale. Avveniristico sino a ieri, oggi quasi banale, lo spazio iperconnesso divulga e diffonde, propone occasioni di formazione e opportunità di lavoro. Ma il vero e proprio "salto culturale" non c'è ancora stato, anche se imprevedibili e nuovi linguaggi anticipano che emergerà da un nuovo “punto di rottura” della storia dell’uomo, probabilmente potente come l’invenzione della stampa. Anche se la transizione ha ancora confini poco definiti, sappiamo che portare online i contenuti di un museo non basta per farne un’esperienza digitale. Fruizione, organizzazione delle visite e tutela della proprietà intellettuale sono tra i cambiamenti necessari, e anche se la cultura resterà la principale forma del soft power, narratrice di identità a sostegno di produzioni materiali e immateriali, non possiamo prevedere sino a che punto arriverà l’innovazione in atto. Il rapporto annuale 2019 Io sono cultura di Symbola valutava il settore culturale e creativo in 92 miliardi di valore aggiunto, capace di sostenere 255 miliardi di produzioni extra-culturali. Segno della portata degli investimenti che si imporranno, pubblici come quelli del PnRR per lo sviluppo infrastrutturale ma anche privati, per superare l'obsolescenza di codici e hardware, rimodellare e mantenere gli archivi, creare nuove produzioni. Sono questioni economiche, relative anche alle forme sociali e civili, ma non è impensabile che in un prossimo futuro leggeremo poesie scritte da intelligenze umane e artificiali insieme. Il centro della creazione resterà la qualità del contenuto. Mentre il grande stabilimento culturale si rivolge a nuovi percorsi e a pubblici più ampi di quelli di un teatro, l'esperienza dal vivo continuerà a essere diversa da quella online. C'è comunque spazio per entrambe e ben vengano, con la ripresa delle attività in presenza, anche gli spettacoli teatrali, le collezioni museali e i concerti online. L’auspicio è di veder crescere anche la presenza delle produzioni indipendenti o di nicchia che, pensate per pubblici selezionati e ristretti, stentano ancora a farsi strada nel nuovo paradigma della rete.

 

Foto di Lizzie George su Unsplash

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