Amor ch’a nullo amato amar perdona…

Intervista di Giuliana Poli ad Enrica Bonaccorti

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende /
prese costui de la bella persona /
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. /
Amor, ch’a nullo amato amar perdona, /
mi prese del costui piacer sì forte, /
che, come vedi, ancor non m’abbandona. /
Amor condusse noi ad una morte: /
“Caina attende chi a vita ci spense”. / 
Queste parole da lor ci fuor porte.  /

 (Dante, Inferno, V, 99-10).

Sua ammiratrice da sempre, ho avuto l’onore di intervistare per Dante secondo lei questa donna straordinaria che ha scelto per noi il famosissimo verso dell’Inferno,V,99-108, dedicato a Paolo e Francesca. Il canto dell’amore puro e del cuore e non poteva che essere così. La purezza, per chi ha il dono di possederla, è eterna come il primo amore. Chi non ha mai avuto quel trambusto emotivo che genera quel caos che smuove tutti i nostri sentimenti?  Che crea quell’eros che apre l’anima a quella fiamma che dona agli amanti la corona della vita? La Signora Bonaccorti in maniera velata come sempre, ci ha raccontato la tenerezza di un suo amore adolescente, nato sui banchi di scuola e il libro anche in questo caso, fu galeotto! 

Come mai la scelta di questi versi? 

Forse il V Canto dell’Inferno è una scelta banale, ma se il ‘banale’ diventa universale, vuol dire che la comunicazione è così potente da permettere il più ambizioso obiettivo, raggiungere tutti, insieme al più profondo, l’emozione individuale. Non necessita cultura né ‘canoscenza’ per immedesimarsi nella rappresentazione di Dante, così vera da essere oltre ogni tempo e ogni luogo, persino oltre la metafora, e farci specchiare in un desiderio o in un ricordo. Come accadde a me, che, pur non chiamandomi Paola, mentre al liceo studiavamo l’Inferno, un Francesco col suo bacio mi portò in Paradiso.

Dallimmagine amorosa del libro galeotto ne è derivata la morte dei due amanti. Qual è secondo lei la visione allegorica di Dante?

Dante si aggira nell’Oltre, dall’Inferno al Paradiso, ma anche se il poeta vola altissimo, io sento forte la dimensione terrena dell’uomo, che mentre affresca l’etica e la morale del tempo, si lascia sfuggire rimpianti così umani da comprendere le condanne severe che dispensa, a cui io lo sento piegarsi per ineludibile condizionamento. L’amore non basta, al primo posto c’è la regola, a me rimane però l’impertinente sensazione che il ragazzo Durante avrebbe voluto esser Paolo e continuare a leggere ‘avante’.

Amor ch'a nullo amato amar perdona... Quanto ha contato questa frase nella Sua vita?

Qui Dante dimostra tutta la sua maestria nell’intarsiare le parole restituendoci con un’estrema e preziosa sintesi poetica concetti profondi e articolati, creando una sonorità trascinante come certi passaggi musicali, che come questi versi, sono diventati eterni e universali. Ma il senso delle parole trova la sua radice in un Trattato di regole d’Amore, che, svolta in prosa, proibisce di non riamare chi ci ama. Se così è, non ne ho tenuto conto. 

Perché Paolo e Francesco vengono messi all'Inferno da Dante?

Credo che li abbia messi all’Inferno per una sorta di ‘politically correct’ dell’epoca: fuori dalle regole l’amore si condanna, comunque. Ma ho la sensazione che il suo giudizio personale sarebbe stato più benevolo, forse un posto in Purgatorio glielo avrebbe trovato. Così ce li descrive: “che ‘nsieme vanno” e “paion sì al vento esser leggieri”. Dunque sono all’Inferno ma Dante li lascia insieme, non infligge loro la più dura punizione per degli amanti, ovvero la separazione, e la bufera a cui sono condannati i lussuriosi che come loro non seppero resistere alle tempeste della passione, intorno alle loro due anime si fa più ‘leggiera’. A mio avviso, sono indizi chiari di benevolenza, nonostante l’Inferno. 

Se dovesse riscrivere il finale della storia dei due amanti, cosa cambierebbe? Cosa una Francesca moderna consiglierebbe a tutte le donne innamorate? 

Io riscriverei l’inizio, piuttosto!  Impossibile prescindere dal condizionamento di partenza, cioè essere obbligate a sposare un Gianciotto deforme e trovarsi il bel Paolo per cognato. E a parte la sfortuna fisica dello sposo designato, si spera che quel ‘designato’ non sia più riscontrabile nella nostra prassi di civiltà. Una Francesca moderna non si troverebbe in quella situazione. Ma ai tempi, e nella necessità poetica, l’unico finale possibile è questo.

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note biografiche di Enrica Bonaccorti

Fra i 5.062 italiani importanti facenti parte del ‘Catalogo dei viventi’ stilato da Giorgio dell’Arti, Enrica Bonaccorti vi è così rappresentata: “Attrice e conduttrice - una bellissima ragazza adulta, ma rimasta entusiasta come una bambina”.
Da giovanissima diventa attrice in teatro, conduttrice radiofonica, interprete di sceneggiati televisivi, poi la conduzione in televisione di programmi di ogni genere – talk-show, varietà, quiz, inchieste, festival e giornalismo – per non parlare delle canzoni, le più famose quelle scritte per Modugno: ‘La lontananza’ tradotta anche in Cina, e ‘Amara terra mia’, cantata persino in arabo. Ma anche per Le Sorelle Bandiera la canzone del loro film ‘Rimmel&Cipria’ e un pezzo disco negli anni ‘80 ‘Miss Manhattan’ che arrivò in classifica. Fu uno dei primi video-clip italiani, e la regia era di Enrica Bonaccorti.  
Nel ‘75 è firmata da lei anche la sceneggiatura del film ‘Cagliostro’.
Come giornalista ha collaborato con varie testate, fra gli altri sul magazine del Corriere della Sera, Sette, dal '96 al '98 ha tenuto settimanalmente una sua rubrica d’opinione, il ‘Francobollo’, lettera aperta ai protagonisti del mondo in ogni campo, da Umberto Eco a Bill Gates.
La sua immagine più nota è comunque legata alla televisione. Prima come attrice in tante commedie e sceneggiati degli anni ’70, come ‘La baronessa di Carini’ con Ugo Pagliai o ‘Eleonora’ con Giulietta Masina, poi dagli anni ’80 come conduttrice per tre stagioni del primo programma quotidiano pomeridiano fra informazione e intrattenimento, ‘Italia sera’ - Raiuno di cui ideò anche il titolo, che le diede il primo dei suoi tre Telegatti.
Poi il grande successo di ‘Pronto chi gioca’, per due anni regina del mezzogiorno di Rai Uno, fino alla conduzione della prima stagione del mitico ‘Non è la Rai’ nel ‘92. 
Torna in TV con il programma ‘Cuori d’oro’ dieci prime serate su Rete4, per poi riprendere la Radio, ed è ancora successo: alla guida dello storico programma ‘Chiamate Roma 3131’, (‘97/‘98) le sono stati attribuiti importanti premi giornalistici come il ‘Flaiano’ il ‘Penne pulite’ e il ‘Guidarello’, per il quale il presidente Zavoli ha scritto la motivazione con questo incipit: "Enrica Bonaccorti è una giornalista prestata allo spettacolo".
Dal 2006 torna in RadioRaiUno con "Ipocritycorrect", "Punto Sette", “Tornando a casa”, “Ho qualcosa da dirti”. 

Dal 2007 si esprime anche in letteratura: La Pecora rossa” (2007, Marsilio), “L’Uomo Immobile” (201, Marsilio), “Il Condominio” (2019  Baldini+Castoldi).

Giuliana Poli è giornalista, ricercatrice di antropologia culturale, scrittrice di Tradizione, scrittrice di monografie e testi su opere d’Arte, analista ed esperta d’iconografia ed iconologia di opere d’arte. Analisi semantica del linguaggio dell’Arte e della parola.

Credit foto in alto: Lionel-Noël_Royer_-_Francesca_da_Rimini_and_Paolo_Malatesta

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