Classi capovolte, ludiche, piacevoli e digitali. Quattro caratteristiche vincenti, secondo Simone Fiorini

L’integrazione delle nuove tecnologie nella didattica può facilitare il percorso di apprendimento rendendolo più creativo e più personalizzato e, allo stesso tempo, favorire forme di maggiore collaborazione e coinvolgimento da parte degli studenti. Lo sa bene Simone Fiorini – una lunga esperienza nel campo dell’insegnamento, tanti riconoscimenti a livello internazionale e, non ultimo, un canale YouTube per le Flipped Classroom con più di cinquantaseimila iscritti – al quale abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.“Il primo esperimento di Flipped Classroom documentato – ci ha raccontato Simone –è stato messo in atto da due insegnanti statunitensi nell'anno scolastico 2007-2008, Jonathan Bergmann e Aaron Sams”.
Con l’espressione “classe capovolta”, o insegnamento capovolto, si fa riferimento a un approccio metodologico che ribalta la tradizionale concezione di apprendimento costituita dalla lezione frontale in cui l’alunno impara attraverso il monologo del maestro. “Nella classe capovolta – spiega il docente - l’alunno apprende attraverso la visione di un video in autonomia, modalità caratteristica della generazione Z. In classe si risolvono i dubbi e si discute in maniera attiva dell’argomento affrontato, oltre a fare attività di rinforzo sul tema precedentemente appreso.”

Gli abbiamo chiesto in che termini le nuove tecnologie riescano a coinvolgere maggiormente gli studenti e se questo utilizzo abbia un impatto anche sulla loro autostima e sulla motivazione e ci ha spiegato che “gli studi dimostrano che le generazioni Y e Z hanno una soglia di attenzione molto più bassa rispetto a quelle passate, e che se le classi non sono piacevoli, ludiche e dotate di risorse digitali, gli studenti tendono a distrarsi facilmente. Voglio ricordare che i nostri studenti sono della generazione Z, nati fra il 1995 e il 2010, costantemente “onlife”, neologismo usato da alcuni studiosi. Autostima e motivazione vanno per mano” – continua –ma facendo attenzione a rispettare alcuni aspetti. “Penso sia meglio rivolgere domande al gruppo: chi sa risponde, chi non sa apprende. La tecnologia ci permette di fare attività online e in caso di errore l’alunno può correggersi, senza essere esposto. Tutti imparano, ma non nello stesso giorno o nello stesso momento.”


In questo contesto il ruolo dell’insegnante e le competenze che matura giocano un ruolo fondamentale. “In una società di nativi digitali è fondamentale per i docenti avvicinarsi alla tecnologia per avvicinarsi agli alunni stessi, cercando di capire il loro mondo e il loro lessico. Le competenze chiave per il docente devono essere legate alla comunicazione diretta e concisa e alla padronanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).”

Simone ci ha raccontato che nel liceo messicano in cui insegna hanno scelto il paperless da più di dieci anni e che per insegnare si usano piattaforme come Blackboard e Canvas. “La pandemia non ha cambiato molto la metodologia, le classi sono passate dall’essere in presenza a fare lezione con Zoom, continuando sempre a utilizzare piattaforme digitali. Gli alunni si sono adattati immediatamente” – ha aggiunto il docente - “noi professori abbiamo dovuto riadattare leggermente i programmi”.

 


Simone Fiorini. Nato a Firenze nel 1970, è dottore di ricerca in Scienze dell'Educazione sulla Qualità e sui Processi di Innovazione Educativa.
Professore presso l'Istituto Tecnologico di Monterrey (ITESM) presso il campus Garza Lagüera;
Responsabile della sede d’esame PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) del Prepatec - Tecnologico de Monterrey. Per dieci anni consecutivi ha ricevuto il riconoscimento ECOAS (Teacher Evaluation Survey) concesso dall'Istituto Tecnologico di Monterrey per la sua eccellenza accademica. È autore di due libri “Historias que sa bena milagro” in lingua spagnola e “Volare in un mondo di emozioni 1” edito dall'Editoria Digitale del Tecnologico di Monterrey.

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