Da Pia dé Tolomei al desiderio del ricordo

Giuliana Poli intervista la grafologa Alessandra Millevolte.

(...) Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e “riposato de la lunga via”,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,

“ricordati di me, che son la Pia:
Siena mi fé, disfacemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma”(...)

(Purgatorio,V,130-136)

Nella vita è importante relazionarsi con gli altri, non essere egoisti, evitare di far del male, conoscere le sensibilità e rispettare le fragilità altrui. La grafologia aiuta a conoscere le persone e a rapportarsi ad esse in modo adeguato e per questo è molto utile al prossimo. Alessandra Millevolte, grafologa affermata ha scelto per Dante secondo Lei, di parlare del personaggio di Pia dé Tolomei, la più vicina al suo mondo. La donna chiede a Dante di ricordarsi di lei, ovvero di ridare al cuore la sua storia, non chiede vendetta e si concentra sul proprio destino. Ogni essere umano tiene a lasciare un segno di sé nel proprio universo, in fondo nessuno muore e nessuno vive davvero…Siamo memoria che non muore mai e la nostra scrittura ne è la traccia più espressiva.

Come mai ha scelto questo verso?
La mia scelta è stata guidata dalla curiosità verso questo personaggio, di cui si sa poco di certo, ma che è rimasto molto impresso nella memoria di chi ha letto o studiato Dante: quel “ricordati di me che son la Pia” è fra i versi più noti, ricordati e citati anche da chi della Commedia ha avuto esperienza solo a scuola. E inoltre la sua triste sorte, l’uccisione voluta dal marito, ne fa la vittima di un femminicidio ante litteram, fenomeno a cui purtroppo le cronache ci hanno abituato.

Pia dé Tolomei è una donna che nonostante l'ingiusta uccisione, rimane gentile... Come mai una donna così garbata viene messa in Purgatorio?
In effetti è una domanda che mi sono posta e a cui non ho trovato una chiara risposta al perché Dante l’abbia inserita fra coloro che sono stati peccatori fino all’ultimo e solo alla fine hanno chiesto perdono. A meno che Dante non abbia inteso dare credito a un tradimento di Pia come movente del suo assassinio (mentre più verosimile mi appare la versione per cui la sua morte era necessaria al marito per potersi risposare con una donna socialmente ben più interessante). La gentilezza e aggiungerei anche la mitezza di Pia la rendono assai diversa dalla peccatrice e passionale Francesca e nei tratti che pur dai brevi versi a lei dedicati emergono, l’immagine di Pia è ai miei occhi piuttosto quella di una donna che sa di essere stata vittima di una ingiustizia ma non chiede vendetta, va “oltre”, si concentra su di sé e sul suo destino, sul suo desiderio di essere ricordata e supportata nel suo cammino di purificazione dalle preghiere di chi conoscerà la sua storia. Un bell’esempio di come – pur avendo subito tanto male – ci si possa affrancare dal bisogno di rivalsa, liberandosi dal vincolo che altrimenti mantiene emotivamente legati a chi ci ha fatto del male, impedendoci di guardare avanti e di evolvere, sia nella vita” fisica”, ma anche e soprattutto nella dimensione spirituale.

La donna chiede al poeta che quando si sarà riposato dal viaggio non dovrà dimenticarla. Secondo lei che un’esperta e rinomata grafologa con evidenti attitudine all'analisi, cosa vede Pia in Dante ? Cosa vuole comunicare la donna?
Credo che per Pia Dante rappresenti un insperato legame con il mondo dei vivi, una sorta di “testimone” che può, raccontando di lei, darle ancora uno spazio di vita, se non reale, almeno nel ricordo degli altri. Pia, come tutti in fondo, desidera lasciare una traccia, un segno della sua persona, ciò che la sua tragica e prematura morte e la condizione sociale delle donne come lei non le hanno consentito di fare. Lasciare una traccia, un segno è credo un istinto dell’essere umano, a partire dal bambino che con una matita in mano inizia subito a lasciare la sua traccia sul foglio, un segno di presenza, come a dire “io ci sono”. E la scrittura (intendo quella manuale), in questo senso, è una traccia densa di significato, ricca di tutti gli aspetti della persona, una sua “sintesi”, a saperla interpretare, come appunto fa il grafologo.

Pia è stata uccisa dal marito. Quanto il modo di scrivere di una persona, può rivelare le propensioni violente di un partner?
Dobbiamo naturalmente distinguere fra la propensione e l’atto: dalla scrittura possono emergere sì, caratteristiche che indicano impulsività, aggressività, difficoltà a gestire le emozioni e a riflettere prima di agire, il che può indicare che la persona rischia di lasciarsi “condurre” dagli impulsi che prova e di non valutare adeguatamente le conseguenze delle sue azioni. Ma poi bisogna vedere qual è il contesto e quali sono le dinamiche entro le quali l’individuo si trova ad agire, se cioè favoriscono o meno l’espressione delle tendenze di base. Certo un’analisi delle grafie della coppia può ben mettere in luce quali sono le caratteristiche di ciascuno, gli aspetti che favoriscono la compatibilità dei due soggetti e quelli che possono creare invece attrito e difficoltà, così come quelle tendenze che non sempre si manifestano nel quotidiano (specie nella fase d’innamoramento) e che rappresentano altrettante aree di fragilità che situazioni critiche possono esasperare, dando luogo a comportamenti inadeguati e a reazioni che “sfuggono di mano”.
D’altra parte, nel caso di Pia, la morte è stata voluta dal marito, ma agita da un suo servo, non è il risultato di un atto impulsivo, ma di qualcosa di pianificato, e allora la violenza è “studiata”, programmata, non la conseguenza di un impulso incontrollato, ma di una volontà guidata da uno scopo preciso. La scrittura in questo caso potrebbe rivelare addirittura un buon autocontrollo e capacità di organizzazione, come mi è capitato di vedere ad esempio nelle grafie di alcuni capi di organizzazioni criminali. Dalla grafia possiamo individuare la capacità dell’individuo di essere costante e tenace per perseguire i suoi obiettivi, di rimanere fedele ai suoi valori, ma non se questi valori siano positivi: possiamo capire se la persona tende a lasciarsi influenzare o è in grado di resistere e difendere le sue posizioni, ma il suo “credo” morale non emerge dalla scrittura. La visione dell’essere umano dal punto di vista grafologico (almeno di quello della Scuola Grafologica del caposcuola Girolamo Moretti, che è il mio riferimento) non è certo deterministica, c’è sempre spazio per una scelta. E la grafologia, in questo senso, rappresenta uno strumento prezioso per il riconoscimento, la consapevolezza, la comprensione e la gestione di quelle tendenze che altrimenti, agite inconsapevolmente, possono esitare in comportamenti a rischio.

Dalle grafie che studia tutti i giorni, qual è l'elemento che maggiormente contraddistingue questo periodo storico? Come la donna sta cambiando? Quale il suo maggiore pericolo e quale la sua maggiore forza?
Premetto che la scrittura, proprio perché rispecchia la persona che l’ha vergata è unica e non esiste una scrittura in tutto e per tutto identica ad un’altra, così come non esistono due individui con caratteristiche, atteggiamenti e comportamenti identici (nemmeno nel caso dei gemelli monozigoti). Ciò detto e al netto del valore delle generalizzazioni in questo campo, per quanto riguarda la figura femminile potrei dire che parallelamente al cambiamento del ruolo sociale della donna che si è verificato dal secolo scorso, si osserva una sensibile differenza nelle scritture delle donne di oggi rispetto a quelle delle loro nonne e non soltanto perché non si insegna più calligrafia a scuola: le grafie sono più espressive, più libere dai modelli convenzionali, più creative in un certo senso, certamente più aderenti – rispetto al passato – alla natura interiore di colei che scrive. Diverso il discorso per le scritture delle adolescenti - oggi sempre meno abituate a scrivere a mano e sempre più precocemente stimolate, come i maschi d’altronde, a sostituire la manoscrittura con la digitazione – che risentono da un lato di una certa tendenza all’omologazione, ma anche di una difficoltà a esprimersi con naturalezza e spontaneità, difendendosi e nascondendo la propria fragilità sotto un’apparente autonomia. Spesso le scritture delle ragazze manifestano ansia, preoccupazione della performance, difficoltà ad aprirsi e ad avere fiducia nei confronti degli altri, mancanza di vera spontaneità per timore di non essere accolte e accettate nella loro vera natura. E questi aspetti spesso permangono anche nell’età giovanile, come in una sorta di prolungamento dell’adolescenza, di una difficoltà a differenziarsi, ad assumersi le responsabilità connesse alla propria autonomia e ad accettarsi e “piacersi”, anche quando non si corrisponde ai modelli di femminilità che vengono proposti come riferimento.
In modo diverso, anche i ragazzi di oggi sono in difficoltà: manifestano spesso molta sensibilità ma una scarsa accettazione di sé, facendo emergere dalla scrittura indici di disagio e sensazione d’inadeguatezza rispetto al ruolo, forte insicurezza, difficoltà a esternare le emozioni. E’ l’espressione di un disagio diffuso, di una mancanza di punti di riferimento e, troppo spesso, di una scarsa conoscenza e consapevolezza di sé, che rende più difficili e instabili le scelte di vita.
Tornando alla donna di oggi, certamente un suo punto di forza è la sensibilità con cui comprendere persone e situazioni per adeguare ad esse la propria capacità di adattamento, il saper raggiungere gli obiettivi in modo flessibile, praticando strade diverse. Resta attuale però il pericolo di misurare la realizzazione di sé sulla base di parametri esterni, di doversi/volersi adeguare alle aspettative altrui, ricercando la propria sicurezza nell’adesione ai modelli (fisici, professionali, di ruolo) molteplici e spesso contraddittori proposti dalla società, invece di puntare ad una autentica conoscenza, accettazione e valorizzazione della propria preziosa e irripetibile individualità.

vespucci
Note biografiche
Marchigiana, classe 1958, laureata in sociologia, da più di trent’anni esercita la professione di grafologa, appresa grazie agli studi svolti presso l’Università di Urbino e a una lunga collaborazione con l’Istituto Grafologico Moretti, specializzandosi nel settore dell’orientamento e della consulenza aziendale. Opera anche come grafologa forense sia per i privati che per i tribunali. Ha a lungo insegnato materie grafologiche nei corsi di studio universitari presso l’Università di Urbino e la L.U.M.S.A. di Roma. Attualmente insegna nel corso di grafologia dell’orientamento professionale e delle risorse umane presso la Scuola di Grafologia Seraphicum della Pontificia Facoltà di Teologia San Bonaventura di Roma e coordina il Dipartimento di Grafologia dell’orientamento e del lavoro dell’Associazione Grafologica Italiana.
All’attività di grafologa ha sempre affiancato quella di formatrice, consulente organizzativa e progettista di interventi formativi e di cambiamento organizzativo, centrati sulla valorizzazione delle persone, le pari opportunità, lo sviluppo delle competenze trasversali, utilizzando in modo sinergico le proprie skill nel settore della didattica innovativa e della grafologia.

Giuliana Poli è giornalista, ricercatrice di antropologia culturale, scrittrice di Tradizione, scrittrice di monografie e testi su opere d’Arte, analista ed esperta d’iconografia ed iconologia di opere d’arte. Analisi semantica del linguaggio dell’Arte e della parola.

LEGGI DI PIÙ SU DANTE GLOBAL CULTURA link qui: https://www.dante.global/it/cultura/promozione-culturale/secondo-lei

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Pia dé Tolomei, D. G. Rossetti, da Wikimedia

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