Fare sport… a parole

Possiamo affermare che in Italia il calcio sia lo sport nazionale, e anche la nostra lingua risenta decisamente di questa passione. Avete mai notato quanti modi di dire provengano dall’ambiente calcistico? Ad esempio, se prendiamo qualcuno in contropiede lo “cogliamo alla sprovvista” oppure se riusciamo a salvarci in corner da una figuraccia siamo riusciti a “salvarci all’ultimo momento”. Per non parlare dell’espressione entrare a gamba tesa, che può significare “entrare in modo aggressivo in un contesto, senza preoccuparsi delle conseguenze”, proprio come capita a qualche giocatore che commette un fallo, colpendo con la gamba tesa il suo avversario. Chi fa autogol si “danneggia da solo”, mentre chi marca stretto qualcuno “fa pressione su di lui”.

Tuttavia, forse è meno noto che anche altri modi di dire, altrettanto comuni, derivano dal mondo sportivo, ma non dal campo di calcio. Pensiamo ad esempio al classico partire in quarta, che usiamo per indicare “qualcuno che inizia qualcosa velocemente, con energia ed entusiasmo”. Ecco, si tratta di un’espressione che d’istinto assoceremmo alla guida automobilistica (partire con la quarta marcia), invece dobbiamo spostarci nel campo della scherma, dove la “quarta posizione” è estremamente offensiva e permette di attaccare con velocità. Facciamo, poi, un salto sul ring del pugilato (o boxe) per mettere alle corde i nostri avversari, ossia “non lasciargli scampo o vie d’uscita da una situazione”, come quando – durante un combattimento – si è costretti nell’angolo del ring dall’avversario, senza poter uscire. Dallo stesso mondo proviene anche l’espressione gettare la spugna, ossia “arrendersi”, perché un tempo, invece di gettare a terra l’asciugamano in segno di resa per interrompere il combattimento, si gettava la spugna con cui il pugile si asciugava il sudore. Dal ciclismo – sport popolarissimo in Italia soprattutto negli anni Cinquanta – abbiamo invece importato l’aggettivo gregario, che oggi usiamo per indicare “chi svolge un ruolo subordinato e non deve/vuole prendere l’iniziativa”, ma che nel linguaggio sportivo è un sostantivo che descrive “il ruolo dell’atleta professionista che in squadra ha il compito di aiutare il capitano durante la corsa”. Sempre dal mondo a due ruote abbiamo preso anche la bagarre francese (lingua madre del ciclismo) ossia “uno scontro d’opinioni violento e polemico”, che su pista descrive “un momento di confusione che interessa tutto il gruppo e che spesso precede la volata finale”.

Concludiamo questa panoramica con l’espressione fare melina, che è interessante per il suo essere passata da uno sport all’altro fino a raggiungere le squadre dei nostri giorni, per indicare “una serie ripetuta di scambi e passaggi sterili, che non portano ad una vera offensiva, ma sono utili a chi è in vantaggio per perdere tempo e non mettersi a rischio”. Questo modo di dire nel linguaggio quotidiano si usa per descrivere “chi tira per le lunghe una situazione con fini ostruzionistici” ed è molto probabile che derivi dall’antico gioco della melina, consistente nel lanciarsi l’un l’altro un cappello sopra la testa del proprietario, con lo scopo di non farglielo recuperare. Insomma, anche se a parole, abbiamo fatto un po’ di sport: non vi sentite più leggeri?!