Parole lunatiche

La luna nella letteratura è sempre stata fonte d’ispirazione, non soltanto per il suo fioco e romantico chiarore, congeniale alla poesia d’amore, ma anche in qualità di “luogo altro e parallelo rispetto alla terra”, satellite lontano ma vicino su cui poter proiettare tutte le fantasie umane. Quest’attenzione si è poi acuita nel Seicento quando, grazie all’invenzione del telescopio, ci si poté rendere meglio conto della reale vicinanza del “mondo gemello”, avvicinandosi sempre più all’idea di un possibile, futuro, allunaggio.



Il primo scrittore antico ad immaginare un antesignano viaggio sulla luna sembra essere stato il greco Luciano di Samosata che, nel primo libro della sua Storia vera, ha descritto un fantasioso viaggio sull’argenteo satellite, realizzato con una ciurma di cinquanta compagni alla ricerca di nuove ed entusiasmanti avventure. Poi, come molti lettori ricorderanno, anche Ludovico Ariosto ha previsto nel suo Orlando furioso uno dei più celebri viaggi letterari sulla luna, ossia quello compiuto da Astolfo per ritrovare il senno dell’amico Orlando, irrimediabilmente perduto per amore. Nell’originalissimo immaginario ariostesco, il nostro satellite accoglie tutti i beni morali e materiali che gli uomini hanno perso sulla Terra, come i desideri irrealizzati, il tempo sprecato, i sospiri d’amore, ecc. Tanto da far ritrovare allo stesso Astolfo cose che addirittura non sapeva di aver perduto; che fantasia, non è vero?! 

Anche fuor di finzione letteraria la luna ci ha ispirati, portandoci ad immaginare al di là del cielo un mondo lontano e alternativo che, in qualche modo, potrebbe influenzarci. Probabilmente grazie a questa suggestione è nato il modo di dire vivere sulla luna o nel mondo della luna, che utilizziamo per descrivere chi è “distratto, svagato, fuori dalla realtà” ma anche “disinformato e all’oscuro di quanto gli accade intorno”, come se vivesse su un altro pianeta. Allo stesso modo, usiamo l’espressione volere la luna per indicare chi “vuole l’impossibile e non si accontenta di ciò che ha, avendo pretese esagerate”.

Un’altra accezione connessa alla luna, sia per la reale influenza dell’astro sulla Terra (come, ad esempio, sui flussi delle maree), sia per le varie fasi del ciclo lunare osservabili ad occhio nudo dal nostro Pianeta, è sempre stata quella di “indicatore di volubilità”. Da qui, abbiamo infatti non solo l’aggettivo lunatico “volubile, umorale” ma anche le espressioni essere di buona o cattiva luna ossia “essere di buonumore o di malumore” e svegliarsi con la luna storta, cioè “iniziare la giornata con nervosismo”. In questo caso, il riferimento è ad un’antica credenza che considerava la “luna calante” una possibile istigazione di atteggiamenti folli e nevrotici, fino ad arrivare alla giustificazione, per via della particolare fase lunare, di efferati delitti. Cambiando totalmente tema, l’ultima locuzione “selenica” degna di nota è luna di miele, che non descrive un particolare tipo di luna o di dolce, bensì il tradizionale “viaggio di nozze” che gli sposi si concedono dopo la celebrazione del matrimonio. Perché parliamo, allora, di luna di miele? Perché sembra che in questa espressione la parola luna rappresenti un “mese” o comunque un “periodo”, che dobbiamo considerare “dolce come il miele” proprio perché immediatamente successivo al matrimonio. Pensare che ritroviamo la stessa dicitura anche in molte altre lingue, come l’inglese honeymoon, il gallese mis mêl, il francese lune de miel o lo spagnolo luna de miel. Insomma, di lune ne abbiamo viste di tutti i tipi, ma la vostra di luna com’è oggi?

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