Nell’era dell’alta specializzazione sono moltissime le parole che ci vengono in mente quando parliamo di lauree e di esami. Ad esempio, il “mondo universitario” è altrimenti definito ambiente accademico, riprendendo il nome dell’Accademia, una località vicino ad Atene che nel IV secolo a.C. ospitò gli insegnamenti filosofici di Platone. Da allora, l’Accademia divenne la sua “scuola filosofica” anche una volta trasferitisi ad Atene; con il passare del tempo questo termine acquisì molteplici e differenti accezioni.
Oggigiorno, infatti, un’accademia, può essere un’“associazione di studiosi di una determinata disciplina”, come l’Accademia della Crusca o dei Lincei, oppure può rappresentare una “scuola superiore”: l’Accademia d’Arte Drammatica, l’Accademia Nazionale di Danza, l’Accademia Aeronautica ecc. Molto comune è anche l’uso di alcuni derivati, come l’aggettivo accademico “relativo all’accademia” e l’omonimo sostantivo, da intendersi come “studioso/ricercatore o docente universitario”. L’anno accademico è l’equivalente dell’“anno scolastico” universitario, mentre il corpo accademico è il “consiglio docenti” e il bacio accademico è un “antico encomio, estremamente solenne, che veniva conferito al conseguimento della laurea, in aggiunta alla lode”. Si trattava di un vero e proprio bacio sulla guancia, dato dal relatore ai laureandi particolarmente meritevoli. Chissà se oggi qualche università lo riserva ancora?
Un altro termine che non possiamo decisamente tralasciare in quest’ambito è sicuramente master, inteso come “corso di specializzazione post lauream”. I percorsi di formazione odierna prevedono un master praticamente per qualsiasi cosa, tanto da far dire a molti che “ormai la laurea non basta più”! La parola master è un prestito dalla lingua inglese, che a sua volta riprende il francese antico maistre (nella variante moderna è invece maître) e, ancora indietro, il latino magister “maestro”. Notiamo che negli Stati Uniti d’America e nei paesi anglosassoni il Master’s degree corrisponde a quella che noi chiamiamo “laurea magistrale”; anche in questo caso l’aggettivo magistrale ha a che fare con il concetto di “maestria, esperienza in un determinato ambito del sapere”. Addirittura, fino al 1998-99, esistevano in Italia le cosiddette Scuole Magistrali, che rappresentavano una scuola superiore di quattro anni finalizzata a formare maestre e maestri di scuola materna. Oggi abbiamo, invece, l’Istituto Magistrale (di durata quinquennale) che corrisponde ad un liceo di indirizzo umanistico-pedagogico, dopo il quale molti studenti, per diventare maestri, si iscrivono al corso universitario in Scienze della Formazione primaria.
Terminiamo il nostro viaggio universitario con una parola passata di mano in mano tra i laureati di tutte le età, ossia il vocabolo tesi. In ambito accademico italiano, infatti, la tesi è una “dissertazione scritta” su un argomento di studio, che poi viene presentata oralmente davanti ad una commissione giudicatrice al termine del percorso universitario. La parola è di origine greca ed entra in italiano tramite la versione latina thesis “presa di posizione”, perciò utilizziamo il sostantivo discussione per descrivere il momento in cui, in sede di laurea, si presentano gli argomenti che abbiamo a favore della nostra tesi, per convincere la commissione docente. Insomma, la discussione della tesi rappresenta un po’ l’ultimo esame (dal lat. examen “ago della bilancia” da cui “soppesare, osservare attentamente”) da sostenere prima del conseguimento dell’agognata laurea. Anche se – come dice il proverbio – nella vita gli esami non finiscono mai!
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