Uno dei problemi dei nostri tempi su cui vale la pena soffermarsi un momento a riflettere, è il fatto che ci stiamo disabituando sempre di più a scrivere a mano. Nella vita di tutti i giorni, infatti, non abbiamo quasi più la necessità di farlo: l’assoluta maggioranza di noi scrive al computer o con uno smartphone.
Le ripercussioni di tale nuova realtà si toccano con mano a scuola: molti ragazzi dichiarano oramai apertamente di avere delle difficoltà a scrivere a penna, specialmente in corsivo.
Scrivere a mano è tuttavia un esercizio insostituibile per la nostra mente, sotto diversi aspetti. Non serve essere degli esperti per osservare che essere privi di supporti – nel caso specifico, di macchine che predicono e completano le parole – obbliga a conoscere le regole della lingua con la quale vogliamo esprimerci. La conoscenza di queste regole ci torna utile, tra l’altro, nel momento in cui proprio la macchina ci pone davanti a una scelta: l’intelligenza artificiale, infatti, non è ancora capace di riconoscere e comprendere tutti i contesti ed è quindi spesso necessario darle l’input corretto.
Ma i benefici di tale pratica non si fermano qui. Scrivere a penna richiede infatti un tempo più lungo che scrivere al computer: siamo dunque indotti a riflettere con maggiore attenzione in merito a quello che fissiamo sulla pagina, mettendo in moto il pensiero e dedicando del tempo a noi stessi. Quando scriviamo, infatti, ci troviamo per lo più in solitudine.
Il tempo che dedichiamo alla scrittura a mano è un tempo per noi stessi anche per un’altra importante ragione: la calligrafia è espressione dell’individualità, al pari dei tratti del volto e delle impronte digitali. Ognuno ha il suo unico, originale, modo di scrivere e non è un caso che in alcune culture la scrittura sia considerata una forma d’arte: in Giappone, per esempio, dove lo Shodō (letteralmente “via della scrittura”) è un’espressione artistica e spirituale tradizionale che ha origini molto antiche.
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